Logo del Sito Portal Diritto

Oggi discutiamo dei redditi esenti, una classificazione di guadagni che non devono necessariamente essere inclusi nella dichiarazione dei redditi. Conformemente alla legge italiana, tutti gli anni i residenti d'Italia sono tenuti a sottomettere alla Agenzia delle Entrate del Ministero dell'Economia e delle Finanze il documento conosciuto come dichiarazione dei redditi. Questo è un modulo che i cittadini riempiono, nel quale riportano i redditi che hanno ricevuto nell'anno fiscale precedente.

Menu di navigazione dell'articolo

Dichiarazione dei redditi: come compilare questo documento

La dichiarazione dei redditi è un rapporto finanziario nel quale il contribuente informa l'autorità fiscale delle proprie entrate, cioè dei propri guadagni, e paga le tasse corrispondenti basate sulla base imponibile e sulle aliquote fiscali relative a ciascuna tassa dovuta. In Italia, questo processo di dichiarazione avviene attraverso la compilazione di un documento specifico noto come modello 730.

Il modello 730, utilizzato legalmente in Italia per dichiarare i redditi al fisco, fu introdotto nel 1993 per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativi all'anno fiscale 1992. Questo modulo fu ideato e sviluppato nel 1992, con l'obiettivo primario di facilitare il processo di rimborso fiscale per i dipendenti o i pensionati direttamente dal sostituto d'imposta, riducendo la necessità di interagire con gli uffici fiscali tradizionali.

Il modello 730 ha preso il posto del precedente modello 740 semplificato. È destinato principalmente a lavoratori dipendenti e pensionati, purché la loro dichiarazione fiscale non sia eccessivamente complessa. In situazioni più complesse, potrebbe essere richiesto l'utilizzo del modello Uni.Co., che offre più dettagli e flessibilità.

E' importante ricordare che il modello 730 non è l'unico strumento per la dichiarazione dei redditi in Italia. Esistono altri modelli, come il già citato modello Uni.Co., o il modello Redditi PF per i lavoratori autonomi e i liberi professionisti. Il modello da utilizzare dipende dalle specifiche circostanze individuali di ciascun contribuente.

Le organizzazioni di assistenza fiscale (CAF) e gli esperti autorizzati sono incaricati di esaminare l'accuratezza dei dati presentati nei modelli 730 compilati dai contribuenti, in base alla documentazione presentata da quest'ultimi. Di conseguenza, in base ai documenti forniti e alle normative vigenti, nei modelli 730 preparati dalle CAF o da professionisti competenti, sono indicati i costi deducibili, le detrazioni fiscali applicabili, le ritenute d'acconto eseguite, nonché le somme dovute sia come saldo che come acconto, o gli acconti dovuti.

Per determinare quali dichiarazioni debbano essere soggette a verifica formale, l'Amministrazione delle Finanze adotta specifici criteri, che differiscono da quelli utilizzati per selezionare le dichiarazioni preparate direttamente dal sostituto d'imposta, per le quali non è stato rilasciato il visto di conformità.

Per facilitare la comprensione da parte di stranieri, il modello 730 è reso disponibile anche in due versioni bilingue: italiano-tedesco e italiano-sloveno.

Proseguiamo ora esaminando quali tipi di reddito sono esenti dall'obbligo di dichiarazione. Questo è un punto importante, poiché non tutti i tipi di reddito devono necessariamente essere inclusi nel modello 730. Alcuni redditi, come ad esempio quelli derivanti da alcune forme di lavoro autonomo o da pensioni estere, possono essere esenti. Tuttavia, è importante notare che le regole possono variare, quindi è sempre consigliabile consultare un professionista o un CAF per una guida precisa.

Redditi esenti da dichiarazione: cosa dice la legge

redditi esenti

Conforme alla legislazione italiana, ci sono diverse categorie specifiche di redditi che sono considerate esenti e che non devono necessariamente essere incluse nella dichiarazione dei redditi. Questi includono:

  1. Reddito da lavoro dipendente o pensione fornito da un singolo datore di lavoro che è obbligato a fare le ritenute d'acconto;
  2. Redditi da lavoro dipendente con un salario fisso garantito dal datore di lavoro attraverso il pagamento di un stipendio, e redditi assimilati forniti da più fonti per un totale non superiore a 12.000.000 lire se le detrazioni per lavoro dipendente si applicano per l'intero anno;
  3. Redditi da lavoro dipendente con un salario fisso garantito dal datore di lavoro, forniti anche da più fonti, ma certificati dall'ultimo sostituto d'imposta che ha effettuato il conguaglio.

Inoltre, ci sono altri redditi che sono esenti dalla dichiarazione dei redditi, come:

  1. Redditi da lavoro dipendente con salario fisso e reddito proveniente esclusivamente dal possesso della residenza principale e delle sue pertinenze (ad esempio, garage, cantina, ecc.);
  2. Reddito proveniente esclusivamente dal possesso della residenza principale e delle sue pertinenze;
  3. Redditi da terreni e da edifici che non superano complessivamente 360.000 lire;
  4. Redditi esenti come pensioni di guerra, pensioni privilegiate ordinarie per militari di leva, pensioni e indennità, tra cui indennità di accompagnamento e assegni, forniti dal Ministero dell'Interno a ciechi civili, sordomuti e invalidi civili, sussidi per i lebbrosi, e pensioni sociali. Anche le borse di studio fornite a studenti universitari e altre borse di studio sono esenti (per maggiori dettagli, vedere le istruzioni). Le rendite fornite dall'Inail non sono considerate reddito ai fini fiscali;
  5. Redditi soggetti a ritenuta alla fonte come imposta o come tassa sostitutiva (ad esempio, interessi su conti correnti bancari o postali non legati all'attività di impresa, interessi su BOT o su altri titoli del debito pubblico, provvigioni ricevute da agenti di vendita a domicilio).

Reddito esente IRPEF: scopri come calcolarlo senza errori! 

L'Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche, nota come IRPEF, è disciplinata dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi, ovvero il D.P.R. del 22 dicembre 1986, n. 917. Questa è un'imposta italiana che è diretta, personale, progressiva e universale.

La base imponibile per questa imposta è la proprietà di redditi, derivanti non solo da un salario fisso pagato in denaro o in beni, che rientrano in una delle seguenti categorie: redditi immobiliari, redditi di capitale, redditi da lavoro dipendente, redditi da lavoro autonomo, redditi di impresa e redditi vari.

Ora, diamo uno sguardo a chi ha diritto a un reddito esente dall'IRPEF.

Calcolo dell'IRPEF netta

Il calcolo dell'Irpef netta si ottirnr con la seguente formula:

  • Reddito complessivo - Oneri deducibili e rendita abitazione principale = Reddito imponibile
  • Reddito imponibile X aliquote = IRPEF lorda
  • IRPEF lorda - detrazioni IRPEF = IRPEF netta ==FINANZIARIA 2008

Nuove aliquote no tax area per lavoratori sotto gli 8000 €, per i pensionati sotto 7500 €, per i lavoratori autonomi sotto i 4800 €. 23% fino a 15000 € 27% da 15000 € a 28000 € 38% da 28000 € a 55000 € 41% da 55000 € a 75000 € 43% per importi superiori a 75000 €

Nel nostro articolo sul reddito esente IRPEF vogliamo parlarvi anche dell'abolizione delle imposte dirette.

Abolizione delle imposte dirette

Esiste una teoria economica sostenuta dal professor Giacinto Auriti la quale prevede l' abolizione delle imposte dirette progressive . Essa si basa sugli studi economici sviluppati dagli economisti Clifford Hugh Douglas e Silvio Gesell, ripresi e proposti dal poeta-economista Ezra Pound durante la Repubblica Sociale Italiana.

Le tasse dello Stato in Italia

Molte persone ne avranno sicuramente sentito parlare in televisione o letto sui giornali, in quanto spesso è al centro di vari dibattiti a causa della sua incidenza sulla vita pratica della maggior parte della gente.Stiamo parlando del cosiddetto "Cuneo Fiscale". Un argomento non molto semplice ma che purtroppo, come abbiamo giá detto, tende ad incidere sulle tasche degli Italiani e che perció riguarda noi da vicino. Cerchiamo di capire in maniera piú approfondita di cosa si tratti, in modo da sapere quanto esso incide sulle nostre buste paghe e quindi sulla nostra vita di lavoratori.

Il cosiddetto cuneo fiscale, in pratica, non è altro che la differenza tra lo stipendio lordo pagato da un'azienda ad un suo lavoratore e il mensile netto percepito da quest'ultimo o, da un'altra prospettiva, risulta essere la differenza tra quanto il lavoratore viene a costare ad un'azienda e quanto effettivamente esso percepisce nella sua retribuzione mensile. Tale differenza risulta composta da imposte dirette, indirette e contributi previdenziali, come vedremo anche in seguito. Naturalmente tale cuneo fiscale è in parte a carico delle imprese e in parte del lavoratore.

In particolare, per il datore di lavoro, la retribuzione fornita al singolo lavoratore si suddivide in stipendio netto di quest'ultimo, imposte dell'erario statale e contributi versati agli enti previdenziali. In generale, l'ampiezza del cuneo fiscale dipende dal sistema fiscale e contributivo applicato e quindi esso tende a variare da Stato a Stato, anche all'interno della stessa Unione Europea. Se il livello del cuneo fiscale si riduce, il mensile netto di un lavoratore sará maggiore e pertanto piú vicino alla quota lorda di esso.

Molti economisti sono fermamente convinti che sia impossibile determinare una quantità di cuneo fiscale ideale, perché in ogni paese la sua cifra varia in base al bilancio statale, alla sua condizione economico-contabile ecc. 

Come vedremo, nel nostro Paese, nel corso degli anni ci sono stati diversi tentativi per ridurre il cuneo fiscale sui lavoratori, in modo da consentire loro di avere una busta paga maggiormente sostanziosa e favorirne quindi i consumi. Con maggiori consumi, a sua volta, poi si favorirebbe l'economia in generale del Paese e quindi si incentiverebbe lo sviluppo economico dello stesso, con un vantaggio complessivo per imprese, lavoratori e Stato medesimo. Andiamo adesso ad approfondire ulteriormente l'argomento.

In Italia, è stato calcolato dall'OCSE che fino al 2006 l'incidenza sul costo del lavoro delle tasse sul reddito del contribuente a carico dell'impresa e del lavoratore è di circa il 45,2 percento. Dunque a livelli di scudo fiscale, l'Italia si trova al settimo posto fra i paesi della comunità europea.

Da queste analisi statistiche emerge che l'Italia ha un sistema di welfare simile a Francia e Germania, e dunque anche il cuneo fiscale si attesta intorno agli stessi livelli di quei paesi. Invece il Regno Unito ha un valore molto più basso.

In casi di Cuneo fiscale del tipo britannico, i lavoratori devono pagare i finanziamenti ai servizi sociali non attraverso il sistema dello stato sociale, ma prelevando direttamente i fondi dal proprio reddito.

Negli scorsi anni, i governi di centrosinistra hanno provato a diminuire lo scudo fiscale di alcuni punti, così da venire incontro ai lavoratori. Questo è avvenuto con la finanziaria del 2007, che ha abbassato il cuneo fiscale di 5 punti.

cuneo fiscale

Com’è stato già detto in precedenza il cuneo fiscale è una percentuale che rappresenta il rapporto tra le tasse sul lavoro dirette, indirette e i contributi previdenziali e la spesa totale del lavoro. Coinvolge sia i lavoratori dipendenti sia i liberi professionisti ed è importante sapere che le tasse che sono calcolate nella determinazione del cuneo contributivo, dovranno essere pagate sia dal datore di lavoro sia dal dipendente o dal lavoratore autonomo. Esistono due differenti tipi di tassazione che lo Stato impone in Italia e sono illustrati nell’elenco che segue.

  • Spesa previdenziale, che fa parte delle spese considerate pubbliche ed è un’assicurazione sociale obbligatoria, che ha legami con il mondo del lavoro, perchè costituisce un importante servizio pubblico.
  • Fiscalità generale che genera somme di denaro che lo Stato utilizza per finanziare le spese di natura pubblica e destinate all’uso collettivo, come le infrastrutture, la sicurezza ecc.

La differenza tra il cuneo fiscale e quello previdenziale

Il cuneo fiscale previdenziale ha lo scopo di finanziare i sistemi pensionistici obbligatori e rappresenta una spesa dei diritti del lavoro. La differenza tra quello fiscale e quello previdenziale è rappresentata dalle tasse a carico del rapporto giuridico lavorativo. Le tasse relative ad esso in Italia sono quelle dell’IRPEF e quelle relative ai contributi previdenziali.

Nel 2013 le somme a carico dei lavoratori era del 9% mentre quelle a carico del datore di lavoro erano di circa il 4%. Le tasse che i lavoratori autonomi e i liberi professionisti devono affrontare sono relative al pagamento dell’IRPEF, dell’ IVA e dei contributi previdenziali. E’ importante sapere che nel 2013 il cuneo fiscale a carico di un libero professionista era di circa il 60%.

Taglio del cuneo fiscale: di cosa si tratta?

Il cuneo fiscale, parlando ovviamente di lavoro, analizza gli effetti delle tasse che gravano sui lavoratori e sull'occupazione in generale. Viene rappresentato da un indicatore percentuale che corrisponde al rapporto tra le tasse appunto che gravano sui dipendenti e il costo del lavoro complessivo.

Può essere calcolato sia per i dipendenti sia per i liberi professionisti. Le tasse che vengono annoverate nel computo del cuneo fiscale sono dunque sia a carico del committente sia del lavoratore.

La pressione fiscale apparente è dunque calcolata per un Paese come influenza della tassazione in rapporto al PIL. Si contrappone al cuneo fiscale che invece fa riferimento all'incidenza della tassazione sul costo del lavoro. Altra precisazione: il cuneo fiscale non deve essere scambiato con il costo del lavoro per unità di prodotto.

Le tasse che vengono imposte dallo Stato sul mercato del lavoro si differenzia per gli obiettivi di spesa pubblica in:

  • fiscalità generale
  • spesa previdenziale

L’imposizione fiscale che invece fa parte della fiscalità in generale, serve a sovvenzionare la spesa pubblica per la sicurezza e la scuola. Le tasse che invece sono destinate alla spesa previdenziale costituiscono un servizio pubblico a prestazione individuale.

Breve excursus storico

Gli interventi del Governo Renzi

Il Governo di Matteo Renzi propose una Legge di stabilità (nel 2014) che provò ad abbattere almeno in parte questa % che grava sullo sviluppo del nostro Paese. Una manovra da 36 miliardi, che mise sul piatto entrate ricavate rispettivamente da Spending Review e lotta all’evasione. Il tutto per garantire un taglio netto all’Irap, sgravi per assunzioni a tempo indeterminato e agevolazioni alle partite IVA.

La manovra nel dettaglio

  • Prima di tutto chiariamo subito che venne confermato il bonus da 80 euro per i lavoratori dipendenti al di sotto dei 26 mila euro lordi annui. Confermato si, ma in un’altra forma: una detrazione vera e propria e quindi uno sgravio fiscale.
  • Parallelamente venne istituito un fondo di 500 milioni di euro per le famiglie, che fu utilizzato per il sostegno dei nuovi nati sino al terzo anno
  • Confermato anche l’anticipo del Tfr in busta paga. Ebbe la caratteristica principale di essere opzionale e riguardò fino al 100% della somma. Fu a costo zero per le imprese ma rappresentò un onere notevole (in termini di tassazione) per i dipendenti che ne fecero richiesta (che subirono su queste quote la tassazione secondo l’aliquota marginale). La manovra dunque non fu conveniente soprattutto per i redditi medio alti; facendo un esempio: un dipendente che incassava 1400 euro netti mensili ebbe la possibilità di ottenere in busta paga un bonus di 100 euro. A seguito della richiesta del dipendente, l’impresa dovette farsi certificare dall’Inps il diritto alla prestazione. Questa certificazione fu dunque trasmessa alla banca che in questo caso decideva o meno di concedere il finanziamento all’Impresa.
  • Il costo del lavoro diventò totalmente detraibile dall’Irap, con una taglio da 6,5 miliardi di euro che tuttavia escluse (ovviamente) le piccole imprese senza dipendenti. Il risparmio riguardò circa 720 euro per dipendente; per un’azienda con 15 dipendenti il tutto si tradusse in un minor peso fiscale di circa 10.500 euro annui.
  • Pagò tasse a forfait (stiamo parlando delle Partite IVA) chi guadagnava meno di 15 mila euro lordi annui: viene dunque esteso il regime dei minimi a beneficio di circa 900 mila persone
  • Per agevolare le imprese ad assumere con il nuovo contratto a tutele crescenti il Governo mise sul piatto 1,9 miliardi di euro
  • Un miliardo e mezzo venne stanziato per gli ammortizzatori sociali

Spending Review: come venne finanziato il taglio al cuneo

La maggior parte dei 15 miliardi di cui parlò Renzi arrivarono nel corso del 2015 da tagli alle amministrazioni centrali dello Stato e realizzata attraverso la centralizzazione degli acquisti; a tutto ciò si sommarono i contributi di Regioni, Provincie, Comuni e lotta all’evasione fiscale.

"L'approvazione" da parte dell'Unione Europea

I paesi dell'Unione Europea avevano tempo fino alla mezzanotte del 15 Ottobre per inviare al vaglio le loro Finanziarie. L'organo comunitario aveva la possibilità di bloccare entro il 30 Ottobre i progetti Governativi. Indicativo il fatto che nei giorni precedenti alla manovra si parlava di una Legge di stabilità che riguardava 23 miliardi. La lievitazione fu causata dal fatto che sia Renzi, sia il Ministro Padoan abbiano dovuto più volte rifare i conti per prevenire eventuali obiezioni da parte di Bruxelles.

Il problema poteva essere letto anche dal punto di vista politico: al Senato la Maggioranza "ballava", non avendo una solida quota che le permetteva di proporre le proprie idee senza che fossero compromesse da eventuali stampelle politiche di ogni colore.

Interventi del Governo Gentiloni

Nella manovra del Governo Gentiloni (varata nell’ottobre del 2017) sono stati destinati circa 600 milioni volti a far ripartire la crescita del nostro Paese.

La dotazione per il taglio del cuneo fiscale e per il progetto “industria 4.0” resta ferma a quota 1 e 1,2 miliardi, contenendo l'operazione di decontribuzione per chi fosse sotto i ventinove anni (e per quel che riguarda i primi tre anni di un eventuale contratto a tempo indeterminato). Grazie ai fondi Europei è stato prorogato il bonus Sud.

Nella manovra sono stati inseriti

  • degli sgravi fiscali per incentivare l'occupazione giovanile
  • l'ampliamento del fondo per la povertà
  • il rafforzamento degli assegni per i figli a carico
  • l'aumento degli stipendi per i dipendenti dello Stato

Per quanto riguarda le aziende sono stati confermati il superammortamento e l'iperammortamento.

Cosa è successo nel 2022

Nel 2022 sono state introdotte alcune novità riguardo al taglio del cuneo fiscale in Italia, tra cui:

  • Legge di Bilancio 2022: La legge di bilancio per il 2022 ha previsto l'abolizione della tassa sulla casa per la prima casa, a partire dal 1° gennaio 2023, per i contribuenti che hanno un reddito ISEE fino a 20.000 euro.
  • Credito d'imposta per l'occupazione femminile: È stato introdotto un nuovo credito d'imposta per le imprese che assumono donne in età fertile e offrono loro permessi di maternità e paternità.
  • Aumento dell'assegno universale: L'assegno universale per i figli a carico è stato aumentato a partire dal 1° gennaio 2022. La misura, che sostituisce il precedente bonus famiglia, prevede un sostegno economico per le famiglie con figli a carico.
  • Bonus per l'assunzione di giovani: È stato previsto un bonus per le imprese che assumono giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni.

Queste sono solo alcune delle novità introdotte nel 2022, dal governo Draghi, riguardo al taglio del cuneo fiscale in Italia.

È difficile fare delle previsioni ben precise sulle future politiche del governo riguardo al taglio del cuneo fiscale per il 2023, ma ci sono alcune indicazioni che possono fornire una visione generale delle possibili direzioni delle politiche fiscali.

Il governo Meloni potrebbe continuare ad adottare politiche volte a ridurre il cuneo fiscale, incentivando l'assunzione di nuovi lavoratori e supportando le famiglie con figli a carico. Potrebbe inoltre rafforzare i programmi di formazione e riqualificazione professionale per migliorare la competitività del mercato del lavoro.

Inoltre, il governo potrebbe anche cercare di aumentare l'efficienza del sistema fiscale italiano, semplificando le procedure per il pagamento delle tasse e combattendo ancora l'evasione fiscale.

Tuttavia, tutte queste ipotesi dipenderanno dalle condizioni economiche del paese e dalle priorità che verranno selezionate del governo attualmente in carica.

Autore: Avvocato Giacomo Locopo

Immagine di Giacomo Locopo

Nato a Catania il 25 febbraio 1970, l'avvocato ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l'illustre Università degli Studi La Sapienza di Roma. Attualmente, è iscritto all'Albo dell'Ordine degli Avvocati nella città di Palmi, dove esercita la professione legale con competenza e dedizione.