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Il rispetto della legge è uno dei principali doveri di una società e di una Nazione, che intende vivere tranquillamente e vuole distinguersi dalle altre, favorendo dei meccanismi di civiltà e di serenità per i cittadini che la abitano.

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In materia di Diritto Penale esistono determinate tipologie di cariche e di lavori che sono nati proprio per valutare i reati e per fare in modo che la giustizia Italiana venga rispettata a dovere.

Tali figure professionali che operano nel settore del Diritto penale, e in alcuni casi anche nel civile come l'avvocato, lavorano, al fine di amministrare la giustizia, solitamente all'interno dei vari Tribunali italiani dislocati su tutto il territorio.

Altre professioni al servizio della giustizia sono quelle del magistrato e quella del pubblico ministero.

Pubblico ministero: definizione e ambiti di lavoro

Il pubblico ministero è un organo vero e proprio designato dallo Stato o da altre istituzioni, a seconda della Nazione, per favorire il rispetto della legge e per valutare le azioni penali di un individuo è un pubblico ufficio costituito presso l'autorità giudiziaria ordinaria, il quale gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario ed esercita, sotto la vigilanza del Ministro della giustizia, le funzioni che la legge gli attribuisce.

Ogni ufficio della Procura della Repubblica organizza, secondo un apposito calendario, di solito diramato agli organi di polizia giudiziaria che svolgono la propria attività nel territorio di competenza di quella Procura i turni di servizio e quello di reperibilità di almeno una unità.
Il P.M. è sempre reperibile attraverso un apposito cellulare di servizio.

Procura della repubblica, definizione e concetti base

L'ente noto come la Procura della Repubblica è una componente vitale del sistema giudiziario italiano. Questa entità rappresenta gli uffici del Pubblico Ministero che operano presso diversi tribunali come il tribunale ordinario, quello per i minorenni e il tribunale militare.

La regolamentazione e le norme che disciplinano il funzionamento e le responsabilità degli uffici del Pubblico Ministero si trovano principalmente nel Titolo III, Capo I, del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, conosciuto come Ordinamento Giudiziario. È interessante notare che il testo originale di questo documento faceva riferimento alla Procura del Re, poiché era stato redatto durante il periodo monarchico italiano.

In aggiunta a quanto sopra, altre disposizioni cruciali per il funzionamento della Procura della Repubblica si trovano anche nel Codice di Procedura Penale, nella legge promulgata il 24 maggio 1951, n. 392, e nel Decreto Legislativo del 20 febbraio 2006, n. 106.

Il ruolo della Procura della Repubblica, come delineato da queste leggi e regolamenti, è quello di rappresentare l'interesse pubblico nel processo penale, garantendo che la giustizia sia servita. Il suo operato è quindi fondamentale per l'efficacia del sistema giudiziario italiano nel suo complesso, che mira a mantenere l'ordine sociale e la legalità, tutelare i diritti dei cittadini e assicurare la corretta applicazione delle leggi.

Funzioni della Procura della Repubblica

La Procura della Repubblica, attraverso gli uffici del Pubblico Ministero, svolge una serie di funzioni molto diversificate tra loro, descritte essenzialmente dall'articolo 73 del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. Queste funzioni sono di vitale importanza per il funzionamento efficiente del sistema giudiziario italiano.

Gli incarichi attribuiti ai pubblici ministeri in servizio presso la Procura includono:

  1. Sorvegliare l'osservanza delle leggi e garantire l'amministrazione pronta ed efficiente della giustizia. Questo ruolo di monitoraggio è essenziale per mantenere l'integrità del sistema legale.
  2. Tutelare i diritti dello Stato, delle entità giuridiche e degli individui legalmente incapaci. Questo compito sottolinea il ruolo del pubblico ministero nel garantire che i diritti e le libertà legali di queste parti siano salvaguardati.
  3. Repressione dei reati. Questo compito implica la ricerca attiva di prove per perseguire coloro che hanno violato le leggi, svolgendo quindi un ruolo chiave nel mantenimento dell'ordine pubblico e nella dissuasione di future violazioni.
  4. Esecuzione delle sentenze. Ciò significa che i pubblici ministeri sono responsabili dell'applicazione e dell'implementazione delle decisioni prese dai tribunali.

In sintesi, il Pubblico Ministero innesca l'azione penale che condurrà al processo successivo, in cui si contrapporrà all'imputato. Gli obblighi e le responsabilità dei Pubblici Ministeri di turno sono stabiliti negli atti organizzativi degli uffici della Procura della Repubblica.

Le strutture del Pubblico Ministero sono organizzate in base alle competenze territoriali dei rispettivi uffici giudiziari. Le prove raccolte dal Pubblico Ministero vengono presentate in tribunale per perseguire l'individuo accusato, che sarà difeso dal suo avvocato. Quindi, l'attività del Pubblico Ministero e quella dell'avvocato difensore rappresentano due parti fondamentali e opposte nel processo penale.

Pubblico ministero: requisiti per esercitare la professione

Per diventare pubblico ministero è necessario avere una laurea in giurisprudenza. Si deve poi superare l'esame da Uditore Giudiziario e svolgere due anni di tirocinio. Al posto dei due anni di toricinio si può in alternativa frequentare la scuola di specializzazione apposita.

Pubblico ministero: principali attività

Il pubblico ministero opera principalmente all'interno delle aule di tribunali o in uffici preposti e la sua funzione è indirizzata proprio a verificare e provare le segnalazioni di reato inviate da privati o derivanti da scoperte delle forze dell'ordine.

Il Pubblico Ministero svolge un ruolo fondamentale nel sistema giudiziario italiano, dove ha il compito di condurre indagini su potenziali reati. Per fare ciò, deve interrogare sia gli accusati che i testimoni allo scopo di raccogliere prove sufficienti per condurre un'inchiesta. Una volta che le prove sono state raccolte e analizzate, il Pubblico Ministero può poi chiedere al giudice di iniziare un processo, di archiviare il caso o di estendere il periodo delle indagini se le prove raccolte non sono sufficienti.

In aggiunta a questi compiti, il Pubblico Ministero ha anche la responsabilità di organizzare e coordinare le indagini. Per fare ciò, si avvale della collaborazione di vari organi di forza pubblica, come la polizia, la Guardia di Finanza o i Carabinieri. Questi organismi assistono il Pubblico Ministero nel suo lavoro di indagine e nella raccolta di prove.

Oltre a ciò, il Pubblico Ministero ha il potere di arrestare coloro che commettono reati. Questi individui sono poi inseriti nel registro degli indagati, un elenco di persone sospettate di aver commesso un reato e che sono quindi soggette a indagini. Questo registro è un importante strumento investigativo che aiuta il Pubblico Ministero a tenere traccia delle persone coinvolte in un caso.

In conclusione, il ruolo del Pubblico Ministero è di fondamentale importanza nel sistema giudiziario italiano, poiché ha la responsabilità di condurre indagini su potenziali reati e di garantire che la giustizia venga somministrata in modo efficace ed equo.

Cosa indica il termine Proscioglimento? 

Nel corso del tempo, nel nostro Paese, vi sono stati diversi processi celebri e che hanno destato l'attenzione dell'intera opinione pubblica nazionale: da quelli eclatanti relativi a gravi episodi di cronaca nera a quelli che hanno visto coinvolti, in alcuni casi, eminenti politici, come ad esempio negli anni '90 il procedimento giudiziario scaturito dalla celebre inchiesta "Mani Pulite". Di conseguenza, spesso si è raggiunta una certa conoscenza e familiarità con alcune definizioni di natura giuridica.

Un termine piuttosto utilizzato sia in televisione che sui giornali. Fin troppo utilizzato a valle dei processi in Italia aggiungiamo noi non senza un pizzico di ironia. Il termine proscioglimento indica comunque la dichiarazione di non doversi procedere oppure la sentenza di assoluzione nei confronti dell'imputato. La sentenza di proscioglimento può essere emessa al termine della fase o nella fase dibattimentale.

La sentenza di proscioglimento è emessa quando l'azione penale è improcedibile o nel caso in cui il reato è estinto. Il proscioglimento anticipato si spiega nell'ottica di economia processuale: non ha senso passare alla fase del dibattimento quando l'esito appare scontato.

Visto che prevale il proscioglimento nel merito su quello per l'estinzione del reato la sentenza non può venire anticipata ma diventa obbligatorio procedere alla fase dibattimentale, adottando la sentenza di assoluzione. Il proscioglimento anticipato non è possibile nei casi nei quali l'imputato o il pubblico ministero scelgono di opporsi.

Comunque, nel caso un giudice decidesse per il proscioglimento di un soggetto e quindi pronunciasse una sentenza di assoluzione, la causa o la motivazione che ha portato a quest'ultima non solo dovrà essere poi indicata nel dispositivo, ma deve anche rientrare in una delle cosiddette formule assolutorie previste dall'ordinamento italiano ed in particolare dall'articolo 530 del Codice di Procedura Penale (C.P.P.).

Tali formule assolutorie, a cui poi accenneremo anche in seguito, sono:

  • Il fatto non sussiste;
  • L'imputato non lo ha commesso;
  • Il fatto non costituisce reato;
  • Il fatto non è previsto dalla legge come reato;
  • Il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per altra ragione;

Sentenza anticipata di proscioglimento

La sentenza anticipata di proscioglimento viene dunque pronunciata in camera di consiglio e visto che viene emessa senza il dissenso delle parti, è inappellabile. Per quanto concerne la sentenza dibattimentale, il codice stabilisce diverse formule di assoluzione o di proscioglimento dell'imputato. Il proscioglimento nel merito comporta per esempio una sentenza di assoluzione che è differente dal proscioglimento per estinzione del reato e da quello per improcedibilità.

Le formule che garantiscono un’assoluzione più ampia recitano che il fatto non sussiste e l'imputato non ha commesso il fatto. Da sottolineare che queste sentenze non sono appellabili dall'imputato, visto che non gli danno la possibilità di avere un esito più favorevole.

La formula di assoluzione secondo la quale il fatto non costituisce reato è manifestata tutte le volte in cui si identifica che il fatto è stato commesso dall'imputato, ma manca uno degli elementi costitutivi della fattispecie di reato. Se invece il fatto costituisce reato, è prevista la formula assolutiva secondo la quale il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile. La formula il fatto non è previsto dalla legge come reato si recita in quei casi in cui all'accusa non corrisponde più nessuna fattispecie legale.

Divieto di un secondo giudizio

Il sistema giudiziario italiano, nella sua ricerca di giustizia ed equità, include importanti salvaguardie per proteggere i diritti degli imputati. Queste salvaguardie sono chiaramente espresse in diversi articoli del Codice di Procedura Penale italiano.

L'articolo 609 del Codice di Procedura Penale italiano pone un divieto su un secondo processo per lo stesso evento. Questo significa che un individuo che è stato assolto o condannato con una sentenza o un Decreto penale non può essere nuovamente sottoposto a un procedimento penale per lo stesso reato. Questo principio è noto anche come "ne bis in idem" e impedisce la doppia persecuzione. Tuttavia, ci sono eccezioni a questa regola come delineato nell'articolo 69, comma 2, e nell'articolo 345 del Codice di Procedura Penale.

L'articolo 69, comma 2, permette un nuovo processo nel caso in cui la morte dell'imputato sia stata erroneamente dichiarata. L'articolo 345, d'altra parte, consente la riproponibilità dell'azione penale se in precedenza era stata dichiarata la mancanza di una condizione di procedibilità, come la mancanza della querela, dell'istanza, della richiesta o dell'autorizzazione a procedere.

Infine, l'articolo 273 del Codice di Procedura Penale protegge ulteriormente gli individui stabilendo che nessuno può essere sottoposto a misure cautelari senza gravi indizi di colpevolezza. La valutazione di questi gravi indizi di colpevolezza deve seguire le disposizioni stabilite negli articoli 192, commi 3 e 4, 195, comma 7, 203 e 271, comma 1.

Questi articoli insieme formano un aspetto fondamentale del sistema giudiziario italiano, contribuendo a garantire un equilibrio tra la ricerca di giustizia e la protezione dei diritti individuali.

Nessuna misura può essere applicata se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità o se sussiste una causa di estinzione del reato ovvero una causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata.

A seguito di una dichiarazione o sentenza di proscioglimento, di qualsiasi natura essa sia, da parte del giudice, quest'ultimo ordina la remissione in libertà dell'imputato tenuto in stato di custodia cautelare e, al tempo stesso, notifica la cessazione anche di eventuali altre misure, sempre di natura cautelare, eventualmente predisposte nei confronti dello stesso soggetto. In altri termini, il presunto imputato ritorna ad essere una persona libera e dotata di tutti i suoi diritti costituzionalmente garantiti.

Una volta avvenuto il proscioglimento, può capitare che alcuni presunti colpevoli possano anche fare richiesta di risarcimento danni per ingiusta detenzione o errore giudiziario, come era stato il caso eclatante, ad esempio, di Amanda Knox e Raffaele Sollecito per quanto riguarda il processo tenutosi a Perugia sull'assassinio della studentessa britannica Meredith Kercher. In seguito, tale richiesta risarcitoria non venne accolta (per Sollecito) oppure non venne proprio effettuata (per Knox).

Autore: Avvocato Giacomo Locopo

Immagine di Giacomo Locopo

Nato a Catania il 25 febbraio 1970, l'avvocato ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l'illustre Università degli Studi La Sapienza di Roma. Attualmente, è iscritto all'Albo dell'Ordine degli Avvocati nella città di Palmi, dove esercita la professione legale con competenza e dedizione.