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Dopo aver parlato del testamento biologico, oggi trattiamo l'iter burocratico che si cela dietro l'approvazione della legge di stabilità. La Legge di Bilancio definisce ogni anno gli obiettivi finanziari da perseguire nel triennio successivo e dalla quale dipendono i conti pubblici. L’approvazione della legge di Stabilità suscita interesse anche nell’Unione Europea e nelle agenzie di rating perché è il momento in cui si capisce quale sarà la direzione economica di un Paese e le prospettive future di crescita e stabilità.

La Legge di Bilancio 2019 sta incontrando diversi ostacoli, soprattutto sul fronte europeo, in quanto Stato Membro, infatti, l’Italia deve sottoporre il proprio bilancio anche all’approvazione UE. Ma quali sono tutti i passaggi prima di arrivare all’approvazione della Legge di stabilità con pubblicazione del testo definitivo sulla Gazzetta Ufficiale?

Legge di Bilancio: dal DEF all'approvazione della legge di Stabilità

Il DEF o Documento Economico e di Finanza è il primo documento economico all’interno del quale si specificano gli obiettivi di finanza pubblica per l’anno in corso e i successivi tre anni. Una volta approvato il DEF si passa alla Manovra che segue un iter prestabilito dalla Legge e che deve essere presentata con un disegno di Legge in Parlamento entro un termine stabilito (che per l’anno 2019 è il 15 ottobre 2018), ovvero entro un mese dalla presentazione del DEF. Il testo della Legge di Bilancio – da alcuni anni – risulta più snello e leggibile perché sono state eliminate norme ordinamentali e organizzative che confluiscono in un altro documento che si chiama Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio.

Si parla spesso indifferentemente di Legge di Bilancio e approvazione della Legge di Stabilità, ma si tratta della stessa cosa?

L'approvazione della Legge di Stabilità entra in vigore il 2009 in sostituzione dell’allora Legge Finanziaria per via dell’approvazione del Federalismo Fiscale. L'approvazione della Legge di Stabilità è rimasta fino al 2016 il documento economico e finanziario più importante costituito da un insieme di norme sull’ordinamento delle spese, le entrate, il deficit e norme finanziarie in coordinamento con le attività economiche delle singole regioni, province e comuni e in abbinamento alla Legge di Bilancio che era il documento contabile preventivo con il quale il Governo comunicava al Parlamento le entrate e le uscite previste specificando nel dettaglio le coperture finanziarie. La Nuova Legge di Bilancio – entrata in vigore nel 2016 – riunisce in un unico documento sia l'approvazione della Legge di Stabilità che la Legge di Bilancio e segue un solo iter parlamentare, invece che due.

Le tappe burocratiche prima dell'approvazione

La Legge di Bilancio si presenta in Parlamento dopo un mese dall’approvazione del DEF. Per l’anno 2019, l’iter di approvazione segue il seguente calendario:

  • 27 settembre 2018: presentazione del DEF, Documento di Economia e Finanza.
  • 15 ottobre 2018: entro un mese dalla presentazione del DEF, il Parlamento discute per l’approvazione della legge di stabilità della Nota propedeutica alla Legge di Bilancio, questa fase dura circa 15 giorni ed è un momento delicato in cui il Parlamento deve approvare o meno eventuali importanti scostamenti dagli obiettivi di bilancio, come si è verificato per la Legge di Bilancio 2019, in cui il Parlamento ha dibattuto per l’approvazione della legge di stabilità e dell’aumento del deficit pubblico come soluzione espansiva per avere maggiori risorse finanziarie di investire.
  • 15 ottobre 2018: contestualmente alla presentazione del DEF in Parlamento, il testo deve essere inoltrato all’UE e segna l’inizio di una nuova fase dell’iter di approvazione della legge di stabilità. Nel Testo inviato alla Commissione Europea e all’Eurogruppo, il Governo deve specificare gli obiettivi per l’anno successivo, le misure da adottare e le coperture finanziarie per applicare le misure. L’Unione Europea ha tempo fino al 30 novembre 2018 per esprimere un parere e fino alla primavere del 2019 per emettere un giudizio definitivo sulla manovra presentata dai singoli Stati membri.
  • 20 ottobre 2018: il Governo è obbligato a presentare un Disegno di Legge Il documento deve contenere tutti gli interventi e la quantificazione economica per adempiere agli obiettivi prefissati.
  • 31 dicembre 2018: il Governo deve ottenere l’approvazione definitiva da parte del Parlamento sulla nuova Manovra.

Una volta approvata, la Legge di Bilancio entra in vigore dal 1° gennaio 2019 con la Pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Nel corso dell’iter di approvazione della legge di stabilità, non sono escluse ipotesi di modifica al Testo in ottemperanza delle richieste provenienti dal Parlamento e in base alle indicazioni fornite dall’Unione Europea.

Quali sono i contenuti della Legge di stabilità 2019

Approvazione della legge di stabilità

La legge di Bilancio presentata si aggira sui 20-25 miliardi di spesa e introduce misure nuove in materia di fisco, lavoro, pensione, IVA. La bozza conta 115 articoli che prevedono le seguenti misure:

Fisco:

  • Blocco dell’aumento dell’IVA;
  • Riforma Scaglioni IRPEF;
  • Flat Tax al 15% per le Partite IVA con ricavi fino a 65.000 € e start up con titolari under 35 o over 55;
  • Flat tax al 15% per professori di ogni ordine e grado;
  • Pace fiscale;
  • Rimodulazione bonus 80 € per la famiglie;
  • Proroga Bonus Casa per ristrutturazioni, ed ecobous;
  • Proroga iperammortamento.

Lavoro

Conta manuale dei soldi 1 2

  • Avvio del Reddito di cittadinanza con nuovo sussidio alla povertà;
  • Riforma delle Pensioni;
  • Bonus assunzione giovani;
  • Bonus assunzione laureati, dottori di ricerca under 30, per assunzioni a tempo indeterminato dal 1° gennaio 2019 con sgravi contributivi fino a 8000 €;
  • Concessione terreni gratuiti per 20 anni a famiglie con un terzo figlio in arrivo dal 2019, 2020 e 2021.

Finanza

  • Mutui a tasso zero fino a 200 000 € per le famiglie che acquistano terreni per la prima casa, allo scopo saranno destinati il 50% dei terreni agricoli demaniali.
  • Cedolare secca al 21% per negozi C1 sotto i 600 m2.
  • Cancellazione blocco aumenti per addizionali comunali (IMU, TASI …)
  • Investimenti per progetto “scuole belle”.

Novitá 2021

Per quanto riguarda l'approvazione Legge di Stabilitá 2021, essa è stata approvata il 30 Dicembre 2020 e si aggira sui 40 Miliardi di Euro e contiene un notevole sostegno economico destinato sia alle famiglie che al lavoro e al fisco. Per ció che concerne le prime, la Legge di Stabilitá 2021 prevede il cosiddetto Assegno Unico per le famiglie, a cui si associano i bonus bebé e bonus nido. Tutto questo per fornire sostegno concreto alle famiglie in un periodo di difficoltá economica generale.

Ulteriori incentivi, indicati nell'approvazione della Legge di Stabilitá, sono destinati a coloro che effettuano lavori di ristrutturazione di vario genere per la propria abitazione. Infatti viene prorogato il bonus del 110% per interventi miranti all'efficientamento energetico, a cui si aggiungono il bonus mobili e quello idrico e per i rubinetti. Questi ultimi tendono a favorire la sostituzione di sanitari e rubinetteria, per ridurre il consumo dell'acqua.

Continuano ancora con l'approvazione della Legge di Stabilitá 2021 gli incentivi per l'acquisto di automobili nuove con elevati standard per il rispetto dell'ambiente e la riduzione delle emissioni inquinanti. Importante novitá invece riguarda la cosiddetta Lotteria degli scontrini, un gioco a premi per coloro che effettuano pagamenti con carte di credito o debito e comunque tracciabili. Ció dovrebbe incentivare l'uso della moneta elettronica rispetto a quella cartacea per gli acquisti quotidiani.

Per quanto riguarda il mondo del lavoro, indennitá sono previste per i lavoratori autonomi e i detentori di partite Iva, fortemente colpiti dalla crisi economica innescata dalla pandemia da Covid 19. L'importo di tale indennitá varia tra i 250 e gli 800 Euro al mese. In concomitanza a questa, viene prorogata ulteriormente con la Legge di Stabilitá 2021 anche la cassa integrazione (sia ordinaria che in deroga) per gli altri tipi di lavoratori, cosí come il blocco dei licenziamenti.
Ulteriori misure riguardano anche un parziale taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti con reddito fino a 28.000 Euro, a cui si aggiunge un rinnovo dei fondi relativi al reddito di cittadinanza. Inoltre, è finanziato con la Legge di Stabilitá anche il cosiddetto bonus assunzione per gli under 35, che comporta il taglio triennale dei contributi a quelle aziende che assumono giovani al di sotto dei 35 anni di etá.

Perché esiste la procedura di revisione Europea dei bilanci nazionali?

L’Italia ha presentato entro il 15 ottobre il proprio DEF (Documento di Economia e Finanza) all’Unione Europea non senza aver avuto momenti di tensione all’interno del proprio Parlamento e suscitando “allarme” tra i commissari UE rispetto alle previsioni di spesa italiane per il 2019.

La procedura di studio e revisione dei bilanci dei paesi membri europei dell’area Euro è piuttosto complessa, ma è difesa dai suoi sostenitori in quanto è un fattore di stabilità essenziale. La procedura di revisione si basa su una serie di testi e ha origine nel Trattato di Maastricht del 1992 con il quale sono stati definiti i criteri di convergenza imposti agli Stati Membri per controllare il loro tasso di inflazione e il loro debito pubblico (entro il 60% del PIL) così come il deficit pubblico (entro il 3% del PIL. Cinque anni dopo (1997), il Patto di Stabilità e la crescita economica europea hanno contribuito a precisare questi obblighi; infine, due pacchetti legislativi adottati in risposta all’ultima crisi finanziaria hanno completato il quadro normativo sulla procedura d’esame.

Come funziona la procedura d’esame

La procedura d’esame dei bilanci prevede che la Commissione UE chieda agli Stati Membri dell’Eurozona di sottomettere all’esame un “progetto di bilancio” che sia «coerente con le raccomandazioni rivolte ai singoli Stati» (come si legge nei testi normativi). Il documento o raccomandazione contiene le previsioni macroeconomiche (PIL, spese, entrate), così come le spiegazioni sugli obiettivi da perseguire e il dettaglio sugli strumenti da adottare. Lo Stato Membro, da parte sua, presenta alle autorità europee i rispettivi piani di riforma e di politica finanziaria che potrebbero avere delle ricadute anche sugli altri Stati membri aderenti alla moneta unica.

Alcuni Stati membri, come la Francia, sono dotati di organi di controllo interni incaricati di sorvegliare sulle ipotesi macro-economiche del Governo, allo scopo di rendere la proposta di bilancio più coerente e vicina agli obiettivi europei.

Da parte sua, la Commissione UE analizza il progetto di bilancio sottoposto ad esame dagli Stati membri. La Commissione UE analizza attentamente il documento, soprattutto le spese e la coerenza nel perseguire gli obiettivi. Dopo essersi accertata che l’insieme della proposta rispetta gli impegni dei paesi dell’Eurozona rispetto al debito pubblico, l’Autorità emette un “parere pubblico” sul bilancio.

In casi “eccezionali”, in cui la bozza di bilancio comporti una «mancanza particolarmente grave nel rispetto degli obblighi di politica budgetaria previsti dal Patto di Crescita e Stabilità», la Commissione UE chiede allo Stato in difetto di eseguire una revisione del piano budgetario in tempi rapidi affinché la Commissione UE possa procedere a una nuova revisione. Al termine della procedura, la Commissione UE emetterà un parere definitivo sul Bilancio del paese membro.

Qual è il calendario della procedura di revisione?

Commissione UE

Nei primi anni di attuazione del regime di revisione, gli Stati Membri erano tenuti a rendere pubblici i loro bilanci previsionali nazionali a “medio termine”, ed emettere un programma definitivo tra il 15 e il 30 aprile di ogni anno; questi documenti servivano per spiegare quali riforme erano state adottate nel rispetto degli obiettivi nazionali prefissati dall’Unione relativamente alle spese per la crescita e le politiche sul lavoro.

In seguito, le Autorità hanno stabilito il termine ultimo del 15 ottobre al massimo per tutti gli Stati per presentare la propria bozza di bilancio all’Amministrazione Centrale. La Commissione UE rende i suoi pareri pubblici al più tardi entro il 30 novembre di ogni anno. Nel caso in cui uno Stato debba rivedere la propria bozza di bilancio, vengono concessi ulteriori tre settimane per ritoccare le stime e gli obiettivi di finanza.

Parallelamente, la Commissione UE prepara un parere sulla stabilità dell’Eurozona nel suo complesso; quest’ultimo documento serve a facilitare la discussione in seno all’EuroGruppo.

Infine, gli Stati Membri devono approvare le rispettive Leggi di Bilancio entro il 31 dicembre di ogni anno. In caso contrario, gli Stati sono tenuti ad approvare e mettere in atto una serie di procedure finanziarie provvisorie per evitare lo shutdown.

Quali sono i criteri di giudizio della Commissione UE in fase di esame dei bilanci

I pareri della Commissione UE sono emesse al fine di rafforzare la stabilità dell’Eurozona e assicurare che gli Stati Membri rispettino i loro impegni finanziari. Il controllo specifico su determinate voci di bilancio serve a evitare gli effetti di contagio provocati dall’instabilità di un Paese Membro. L’Unione cerca quindi di sostenere e rafforzare il coordinamento nell’Eurozona per consolidare l’Unione economica e monetaria.

I pareri della Commissione UE , tuttavia non sono coercitivi né ingiuntivi, pertanto un parere negativo non comporta delle sanzioni se uno Stato Membro non rispetta gli impegni; la Commissione UE non è autorizzata a modificare i progetti di bilancio nazionali, se non imporre agli Stati l’obbligo di seguire strettamente le raccomandazioni. Tuttavia, nel caso in cui uno Stato si rifiuti di rispettare gli impegni di bilancio precedentemente stabiliti, quest’ultimo può essere oggetto di una procedura per deficit eccessivo stabilita dal Consiglio Europeo il quale può imporre un’ammenda pari allo 0,2% del PIL dello stato in questione. Inoltre, in caso di “frode” di ipotesi macro-economica della Legge di Bilancio, l’Unione può infliggere una sanzione finanziaria fino allo 0,5% del PIL accompagnata da una sospensione dell’erogazione dei fondi europei a favore dello Stato in questione.

Esistono “precedenti” in cui si è dovuto ritoccare un bilancio nazionale?

La Commissione UE non mai dovuto dare via a questo processo estremo di penalizzazione in quanto i Governi a oggi hanno sempre operato degli aggiustamenti prima di sottomettere i bilanci alla revisione dell’Autorità europea e hanno sempre rispettato i parametri richiesti. Tuttavia, l’Italia potrebbe essere il primo Stato a sfidare apertamente la linea finanziaria europea dal momento che ha ignorato le raccomandazioni europee di modificare il testo della Legge di Bilancio 2019 che prevede un aumento del deficit. La Commissione UE ha moltiplicato le sue raccomandazioni all’Italia auspicando un accordo ed evitare il braccio di ferro e una crisi tra Roma e Bruxelles.

Cosa succede se non si rispettano i criteri UE

Nel caso in cui si avviasse una procedura di deviazione significativa da parte della Commissione UE, entrerebbero in gioco anche altri soggetti europei. Dopo l'avvertimento della Commissione, il Consiglio Ecofin (composto in questo caso dai Ministri delle Finanze dei Paesi europei) invierebbe una raccomandazione allo Stato membro inadempiente, con misure da adottare ed un termine temporale da rispettare. Scaduto questo, il Consiglio lancia nuove raccomandazioni con un ulteriore termine, molto piú ridotto del primo, per adottare le misure richieste.

Se il Paese risultasse ancora inadempiente, la Commissione UE proporrebbe al Consiglio una sanzione finanziaria, come abbiamo giá accennato in precedenza, dello 0,2% del Pil dello Stato membro, con la realizzazione di un deposito fruttifero, che dovrá essere restituito anche con gli eventuali interessi maturati. In caso, invece, di procedura per disavanzo eccessivo, l'iter risulta piú complesso e con conseguenze finanziarie piú pesanti, tra cui multa dello 0,5% del Pil e blocco dell'erogazione di diversi finanziamenti o risorse UE allo Stato inadempiente.

In questi anni, comunque, tali regole sono state oggetto di critiche da piú parti, tra cui anche a causa della loro complessitá e modalitá di applicazione. Secondo alcuni Paesi maggiormente rigidi, chiamati "frugali" e identificati spesso con gli Stati dell'Europa Centrale e Settentrionale (per capirci, dallaGermania all'Olanda, passando per la Finlandia), queste norme dovrebbero prevedere sistemi punitivi piú pesanti e maggiori controlli sui membri inadempenti. E ció ha alimentato spesso ondate nazionaliste e sovraniste nell'opinione pubblica europea.

D'altra parte, invece, queste stesse regole sono state viste dai Paesi mediterranei o comunque con maggiore problemi di debito statale (dalla Spagna all'Italia, passando per la Grecia), come eccessivamente rigide, invasive e inadeguate a situazioni o circostanze particolari affrontate da ciascun Paese membro. Da qui una visione negativa e punitiva dell'Unione Europea e il desiderio (di parte dell'opinione pubblica in alcuni Stati), in taluni frangenti, di uscita dalla stessa UE. In mezzo a queste due tendenze contrapposte, Bruxelles ha cercato sempre un compromesso.  

Il Pil e il Deficit 

Ogni giorno, praticamente ad apertura di ogni telegiornale, veniamo letteralmente bombardati da quelli che sono dati più o meno significativi inerenti al mercato economico che ci informano sullo stato generale di salute dello Stato Italiano. Purtroppo, impossibile negarselo, la situazione del Belpaese è tutt’altro che facile e giorno dopo giorno ascoltiamo e/o leggiamo editoriali che gettano nello sconforto più totale chiunque sia in ascolto o in lettura.

Sempre più spesso sentiamo parlare di PIl (Prodotto Interno Lordo) e di Deficit: ma cosa significano nello specifico? Perché il futuro dell’Italia è sempre più tetro al cospetto di diverse realtà Europee che invece prosperano ricchezze e stabilità economiche lontane, apparentemente, anni luce se si passa al setaccio la situazione dello stato italiano?

Prima di iniziare in ogni caso a dare l’estrema unzione all’Italia è giusto precisare che l’Italia, a livello mondiale, è una forza economica anche se a dire il vero non lo si direbbe. È un paese affidabile, nonché padre fondatore della vecchia CEE e dell’attuale UE. 
Il mercato è spesso severo, indulgente e spietato: per poter ottemperare ad una situazione di debito pubblico bisogna trovare le giuste chiavi ma questo è tutt’altro che facile e ci sono paesi, all’apparenza forti economicamente, ma che in realtà palesano gravi lacune.  

Come detto precedentemente uno dei più grandi problemi dell’Italia, ma non solo, allo stato attuale delle cose è rappresentato dal rapporto Deficil-Pil. Ma cosa è? 
Innanzitutto bisogna precisare cosa è il Pil: acronimo che reincarna il prodotto interno lordo non è che il fatturato annuale di uno Stato ovvero quanto guadagna dalle tasse dirette o indirette che siano. 
E il Deficit vien fuori dalla differenza tra le entrate di una Nazione e le sue uscite quando gli esborsi superano gli introiti: un disavanzo, quindi in negativo, che comporta delle scoperture che devono giustamente essere rimpinguate per mantenere uno stato di salute ottimale dello Stato stesso. 

 Ma quale può essere il limite massimo che può essere raggiunto? 
L’Ue nel tentativo di porre dei limiti agli Stati membri ha stabilito all’interno dei propri trattati un tetto massimo di deficit che non può oltrepassare il 3%. Nello specifico se uno Stato fattura 100 miliardi di prodotto interno lordo le uscite non possono superare i 103 miliardi quindi il 3% netto. 
Ogni Nazione, in ogni caso, ha stabilito degli accordi privati con l’Unione Europea per ridurre progressivamente il deficit anno dopo anno. Anche l’Italia quindi ha stabilito un patto e nel caso in cui non venissero rispettati tali accordi andrebbe incontro a sanzioni provenienti direttamente da Bruxelles. 

Il limite del 2,4% per l’Italia 

Uno dei paletti fondamentali della nuova manovra di bilancio è quello inerente alla riduzione del deficit per l’anno 2019. In base a quanto stabilito dal Governo Conte, dopo una lunghissima trattativa ricca di divergenze tra Governo e Ministero dell’Economia, è stato programmato l’iter da tracciare per l’Italia: l’obiettivo è quello di stabilizzarsi intorno al limite del 2,4% per l’anno 2019 a fronte del massimo, che come detto, è prossimo al 3%. 

A questo punto una domanda sorge spontanea: se ovviamente il limite 2,4% è inferiore al 3% perché tutto questo polverone? Perché tutto questo scetticismo e queste preoccupazioni? 
Di fatto il problema non avrebbe motivo di esistere ma se entriamo nell’ottica che l’Italia ha un debito pubblico superiore del 130% rispetto al prodotto interno lordo qualche domanda allora viene normale porsela.  
L’obiettivo, inesorabile, è quello di ridurre sensibilmente questo debito che pesa come la spada di Damocle sulla testa degli italiani. Ovviamente ci vuole tempo, costanza e programmazione ponendo come obiettivo primario la riduzione e non l’aumento dello stesso. Sarà il Governo Conte a dare un chiaro segnale di svolta? I presupposti, sulla carta, sembrano esserci tutti...

E se si sfora il 3%?

Come detto precedentemente qualsiasi Stato Europeo che supera la soglia del 3% va incontro a delle sanzioni più o meno pesanti. Fermo restando che questo è un capitolo che apriremo successivamente una domanda sorge spontanea: ma chi ha stabilito che la soglia inerente al deficit non possa superare il 3%? Potrà sembrare assurdo o addirittura uno scherzo ma Guy Abeille, un ex funzionario francese del Ministero delle Finanze transalpino, spiega che è stata una scelta casuale senza alcun criterio logico che abbia portato a tale soluzione. Un paradosso dunque ma che obbliga comunque tutti gli Stati membri dell’UE ad avere dei limiti al fine di non incorrere in errore ‘gestionali’.

Altro paradosso, invece, è quello che riguarda le ipotetiche sanzioni che spetterebbero a tutti coloro capaci di sforare il 3%: un’analisi degli ultimi anni ha confermato che alcuni paesi europei (vedi Francia e Spagna su tutti) hanno superato svariate volte il limite. A questo punto è logico supporre che questi due paesi siano stati sanzionati a dovere, e invece? E invece nulla, come se niente fosse successo. Quindi anche quello che riguarda un punto cardine dell’economia mondiale presenta falle di una certa entità.

E l’Italia in tutto questo come si comporta? Secondo l’Istat il Belpaese è uno dei pochi Stati che sta rispettando a pieno tali normative. Nel 2016 infatti il deficit era al 2,4% mentre addirittura nel 2017 (e con precisione nei primi nove mesi) si assestava su una media prossima al 2,3%.

Nel 2018, invece, su 28 Stati membri dell’UE solo in 12 hanno rispettato le disposizioni che sono state previste: dati pessimi e sicuramente non confortanti anche perché a far riflettere maggiormente è la presenza di nazioni di ‘seconda fascia’ in questo ristrettissimo gruppo: Malta, Slovacchia, Lettonia, Bulgaria, Estonia e Lussemburgo messe addirittura insieme danno vita solo ed esclusivamente al 12% del pil comunitario.

Sul rispetto del 3% come tetto di quello che è il rapporto deficit-pil trova piccoli contrasti con l’idea del premier Matteo Salvini che, a differenza di quanto succedeva durante l’era Berlusconi, si dichiara scettico e ostico su tale limite: in caso di necessità infatti è stata dichiarata anticipatamente ‘guerra’ alla soglia. Che sia la scelta giusta? Viste le non sanzioni che arrivano dall’UE forse sbagliato non è ma di sicuro non spetta a noi giudicare anticipatamente cosa può e cosa non può succedere con il senno di poi ergo lasciamo l’ardua sentenza ai posteri...

Autore: Avvocato Giacomo Locopo

Immagine di Giacomo Locopo

Nato a Catania il 25 febbraio 1970, l'avvocato ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l'illustre Università degli Studi La Sapienza di Roma. Attualmente, è iscritto all'Albo dell'Ordine degli Avvocati nella città di Palmi, dove esercita la professione legale con competenza e dedizione.