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Un cittadino italiano dovrebbe avere sempre garantito un posto di lavoro; il diritto al lavoro è infatti importantissimo per una Nazione e una società civile intesa come tale e che si rispetti. Il lavoro andrebbe infatti concesso a chiunque senza distinzione alcuna, evitando anche fenomeni di discriminazione sessuale e/o razziale come invece spesso accade anche in Italia in determinate aziende o imprese.

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Il lavoro deve essere concesso anche a coloro che hanno determinate forme più o meno gravi d'invalidità e ai disabili. Tutto ciò viene definito dal governo e regolamentato dalla Costituzione Italiana stessa e dia principali contratti collettivi di categoria, che si occupano altresì della difesa e della tutela di tutti i diritti dei lavoratori stessi.

In materia di diritto del lavoro con un contratto che consenta il regolare pagamento di tasse e imposte, e principale fonte di rivendicazione sociale e lavorativa del lavoratore stesso, rientra il diritto allo sciopero.

Quest'ultimo ha visto, nel corso dei decenni, un faticoso e complesso passaggio dall'essere considerato reato (così veniva ritenuto dalla legislazione italiana per quasi un secolo, escludendo un breve periodo negli ultimi anni del XIX° secolo) ad avere legittimità costituzionale come diritto, così come scritto e disciplinato dall'articolo 40 della suprema carta normativa italiana. Quest' articolo non solo regolamenta tale legittimo diritto, ma stabilisce che esso si esercita all'interno delle norme che lo disciplinano.
Dal dopoguerra ad oggi, comunque, l'astensione dal lavoro senza dovuti contratti, stipendi e mensilità, come forma di protesta da parte dei lavoratori ha visto lievi adeguamenti e cambiamenti nelle forme e nelle sue modalità di espressione, anche in base al periodo storico di riferimento. In particolare, se fino agli anni '70 si denota un progressivo lento ampliamento di questo diritto, così come di altri in ambito lavorativo, ed una maggiore tutela dei lavoratori da parte dell'azienda o dell'impresa a cui prestano servizio, successivamente negli anni più vicini a noi si evidenzia, invece, una più netta rigidità verso questo diritto, da parte delle classi dirigenti aziendali.
In altre parole, con l'avvento e la diffusione di nuove tipologie di lavoro, anche prive di una chiara regolamentazione a livello normativo in alcuni casi, vi sono minori possibilità di poter affermare i diritti dei lavoratori, come quello del pagamento di un adeguato salario e di un regolare contratto che consenta il pagamento di tasse e imposte, tra cui anche quello allo sciopero. Comunque, cerchiamo di capire in cosa esso consista nello specifico.

Definizione del diritto allo sciopero

Lo sciopero rappresenta la prima forma di rivalsa di un lavoratore sui propri diritti; esso viene infatti utilizzato proprio come strumento di rivendicazione salariale e si utilizza spesso in caso di proteste di varia natura o, ad esempio, per offrire la massima solidarietà anche a un solo lavoratore che viene trattato male sul posto di lavoro dal capo dell'azienda o dell'impresa per cui lavora, il quale gli nega un regolare contratto, che consenta il pagamento di tasse e imposte, e un onesto guadagno dato da paga e mensilità.

Consiste nella sospensione lavorativa da parte di un gruppo di persone e nasce come conseguenza di un episodio che ha leso la dignità e i diritti di uno o più lavoratori. A sostegno del diritto allo sciopero e dei lavoratori stesso ci sono le varie categorie sindacali, che hanno il compito di garantire giustizia ai lavora.

Si differenzia nettamente dalla serrata che rappresenta la chiusura dell'attività lavorativa da parte del datore di lavoro; essa però, a differenza dello sciopero, non è contemplata nella Costituzione della Repubblica Italiana.

Esistono diverse tipologie e modalità di sciopero, non tutte propriamente legittime e a norma di legge. Il canone di discriminazione della legittimità di uno sciopero si rinveniva nel principio giurisprudenziale della proporzionalità tra l'astensione e il danno arrecato al datore di lavoro, per cui se il danno subìto dal datore di lavoro era superiore rispetto al sacrificio sopportato dai lavoratori con lo sciopero, esso era ritenuto ingiusto e quindi illegittimo.

Nel gergo sindacale si sono date molte definizioni di sciopero a seconda delle diverse modalità o ampiezza della platea di lavoratori in rivendicazione o protesta, ad esempio: si parla di sciopero generale quando l'astensione da un  lavoro non retribuito con un adeguato stipendio o mensilità e che non garantisca quindi un giusto guadagno, riguarda tutti i lavoratori di un paese, settoriale se interessa un solo settore economico o una categoria di lavoratori (metalmeccanici, chimici, ecc.), locale se sono interessati i lavoratori di una certa zona.

Si parla di sciopero bianco quando i lavoratori anziché astenersi dal lavoro applicano alla lettera i regolamenti, causando disagi, clamoroso fu il caso di sciopero bianco applicato dalle guardie di frontiera negli anni ottanta.

Vi sono poi i cosiddetti "scioperi articolati" di cui fanno parte le categorie espresse nei prossimi paragrafi e, per tutte, sussiste il diritto allo sciopero.

Lo sciopero a singhiozzo

diritto allo sciopero

Suddetto sciopero è caratterizzato da interruzioni brevi (10 minuti ogni ora ad esempio). Tale modalità di sciopero, prima ritenuta illegittima, è oggi considerata lecita anche sul piano civile, ma è consentito al datore di lavoro di rifiutare le prestazioni comunque offerte se ritiene che non siano proficuamente utilizzabili.

Quello a scacchiera

Sciopero in cui vi è un'astensione dal lavoro effettuata in tempi diversi, da diversi gruppi di lavoratori, le cui attività siano interdipendenti nell'organizzazione del lavoro.

Queste due forme di sciopero, approvate dal governo e dallo stato, sono volte ad alterare i nessi funzionali che collegano i vari elementi dell'organizzazione, in modo da produrre il massimo danno per la controparte con la minima perdita di retribuzione e quindi di guadagno per gli scioperanti.

Lo sciopero con corteo interno indica invece uno sciopero in cui i manifestanti, anziché organizzare picchetti agli ingressi del luogo di lavoro, si muovono in formazione all'interno bloccando i vari reparti che attraversano.

Comunque, al fine di equilibrare il diritto allo sciopero con altre tipologie di diritti ugualmente importanti e costituzionalmente garantiti dal tribunale (tra cui, ad esempio, quello alla salute, alla sicurezza, alla libertà di circolazione o di istruzione) e che potrebbero essere lesi in qualche maniera dall'esercizio del primo, le autorità italiane attraverso la legge 146/1990 hanno regolamentato in maniera più specifica lo sciopero nei servizi pubblici o privati considerati essenziali.
In particolare, si sono definite norme precise sulle modalità e sui tempi dell'astensione al lavoro, prevedendo inoltre anche delle sanzioni in caso di violazioni, sancite da un giudice in tribunale. Si è stabilita, poi, che in alcuni settori o servizi di interesse generale pubblico, è ammessa la possibilità di annullare e rinviare eventuali scioperi (la cosiddetta "precettazione"), su ordine delle autorità dei trasporti, della sanità o di pubblica sicurezza. Nell'ipotesi in cui non viene rispettata la precettazione, si può incorrere nel reato di interruzione di pubblico servizio e terminare la procedura in tribunale sotto la giurisdizione di un giudice.

Caratteristiche e normativa

diritto allo sciopero

Il diritto allo sciopero è un dunque un vero e proprio diritto costituzionale che viene disciplinato dalla legge numero 146 del 1990 e dalla legge numero 83 del 2000. il diritto allo sciopero è infatti ritenuto fondamentale per la persona e per la collettività tutta.

Le dinamiche del diritto allo sciopero e le leggi che lo disciplinano sono state inoltre negli anni modificate, in tribunale e a livello di governo, spesso attraverso variazioni dalla Commissione di garanzia. Modifiche sono, ad esempio, state attuate in merito agli scioperi relativi ai servizi pubblici o privati delineandone anche gli orari di assemblea lavorativa.

Il diritto di assemblea, ai sensi dell'art. 20 dello Statuto dei Lavoratori e della legge numero 146 del 1990, non è infatti consentito durante le ore lavorative anche per coloro che operano nei servizi pubblici o privati che devono sempre garantire le loro prestazioni minime.

Per il diritto allo sciopero riguardante coloro che lavorano nei servizi pubblici essenziali è inoltre fondamentale indicare con preavviso minino, la data e il periodo dello sciopero stesso, solitamente avvisando precedentemente per un periodo non inferiore a dieci giorni (art.2 comma 5), e indicando la durata al momento della proclamazione dello stesso (art.2 comma 1).

Autore: Avvocato Giacomo Locopo

Immagine di Giacomo Locopo

Nato a Catania il 25 febbraio 1970, l'avvocato ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l'illustre Università degli Studi La Sapienza di Roma. Attualmente, è iscritto all'Albo dell'Ordine degli Avvocati nella città di Palmi, dove esercita la professione legale con competenza e dedizione.