Le tasse rappresentano una delle note dolenti per diversi cittadini italiani, infatti le imposte ed il loro pagamento per molti nostri concittadini non sono viste di buon occhio, a causa spesso del loro elevato livello e in alcuni casi anche della motivazione alla base della loro creazione. Tuttavia, proprio attraverso il pagamento di tasse ed imposte, molte persone o categorie di soggetti riescono ad usufruire di molteplici servizi pubblici gratuiti, come ad esempio degli ospedali. Purtroppo però, spesso, quest'ultimo aspetto tende ad essere sottovalutato. Comunque, torniamo a parlare delle tasse e della loro tipologia.
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- Imposta Proporzionale
- Imposta Progressiva
- Imposta Regressiva
- Imposte dirette e indirette: la differenza in un approfondimento
- Ivie ed Ivafe e gli incassi per l'erario
- Caratteristiche delle imposte dirette
- IRES (Imposta sul reddito delle società)
Vengono definite imposte indirette tutta quella serie di provvedimenti che vanno a colpire la ricchezza non in maniera diretta ma quando questa viene trasferita o consumata. L'imposta indiretta si applica dunque quando abbiamo la vendita di un bene oppure andiamo ad usufruire di un particolare servizio o di una prestazione. Dunque, a differenza delle imposte dirette, le imposte indirette possono essere trasferibili ad altri soggetti rispetto a chi è tenuto a pagarle.
Un esempio di imposte indirette , come vedremo anche in seguito, è l'Iva sui carburanti, che giornalmente vengono utilizzati da automobilisti e camionisti per fare i loro viaggi sulle strade italiane. Quest'imposta va a gravare in pratica, come accennato, su ogni acquisto di un oggetto o servizio (in questo caso benzina o diesel, ad esempio) effettuato sul territorio italiano. A differenza invece delle imposte dirette che, invece, sono tasse che gravano sui guadagni prodotti da un soggetto.
Sempre tra le imposte indirette, vi sono anche le accise, spesso oggetto di polemiche a causa della loro incidenza proprio sul prezzo dei carburanti e del fatto che alcune di esse sono state inserite in epoca ormai remota e per fatti o avvenimenti definitamente conclusi. Un esempio di imposte indirette da questo punto di vista sono le accise inserite per la crisi di Suez del 1956 oppure per l'alluvione di Firenze del 1966 o, ancora più eclatante, per il finanziamento della guerra d'Etiopia del 1935. Comunque, diamo un rapido sguardo in generale su quali siano queste genere di tasse.
La classificazione delle imposte che uno Stato impone sulla ricchezza dei suoi cittadini può essere suddivisa in quattro categorie: imposta fissa, imposta proporzionale, imposta progressiva e imposta regressiva. Queste categorie differiscono in base alla modalità di applicazione del tasso impositivo e alla distribuzione del bene imponibile rispetto a una certa frazione dell'applicazione di questo tasso.
In altre parole, il modo in cui un'imposta è strutturata e applicata può variare in funzione di come l'aliquota impositiva viene applicata e come il bene o il reddito su cui l'imposta è applicata viene suddiviso in relazione a questa aliquota.
Imposta Proporzionale
L'imposta proporzionale è un tipo di imposta in cui l'importo dell'imposta da pagare è proporzionale al valore del bene o del reddito che viene tassato. In altre parole, l'aliquota fiscale è costante, e l'ammontare dell'imposta cresce linearmente con l'aumentare dell'imponibile.
L'equazione di un'imposta proporzionale può essere scritta come:
Imposta = Aliquota * Imponibile
Dove:
- Imposta è l'ammontare totale dell'imposta da pagare
- Aliquota è la percentuale dell'imponibile che deve essere pagata come imposta
- Imponibile è la base imponibile o il reddito che viene tassato
Ad esempio, se l'aliquota è del 20% (o 0,20) e l'imponibile è di 100.000 euro, allora l'imposta sarà di 20.000 euro (0,20 * 100.000 euro).
Un vantaggio di questo tipo di imposta è la sua semplicità: è facile da calcolare e da capire. Tuttavia, non tiene conto della capacità contributiva del soggetto passivo, risultando perciò meno equa di altre forme di tassazione, come l'imposta progressiva, in cui l'aliquota fiscale aumenta con l'aumentare del reddito.
Come hai giustamente notato, l'imposta di registro, applicata agli atti di acquisto di beni immobili tra privati in Italia, è un esempio di imposta proporzionale. L'aliquota di questa imposta è costante, indipendentemente dal valore dell'immobile.
Imposta Progressiva
Si parla di imposta progressiva quando l'aliquota media aumenta in relazione più che proporzionale rispetto all'aumentare dell'imponibile, come accade per l'IRPEF.
L'imposta progressiva si suddivide in ulteriori quattro tipi:
- per detrazione: quando o si va a colpire l'imponibile con un'aliquota fissa, dopo aver però sottratto dall'aliquota un ammontare stabilito; oppure si va a detrarre dall'imposta una cifra determinata, ottenuta dall'applicazione dell'aliquota nominale al reddito imponibile;
- per classi: in questo caso l'aliquota costante cresce a seconda della classe di reddito cui è applicata;
- continua: l'aliquota aumenta in maniera costante rispetto all'aumentare della base imponibile; in Italia questo tipo di progressività è durato fino al 1973, dopodichè è stato abbandonato per le difficoltà di calcolo e applicazione;
- per scaglioni: in questo caso, che è quello dell'IRPEF, per ogni classe l'imponibile viene suddiviso in diversi scaglioni, ognuno dei quali viene fatto corrispondere ad una aliquota crescente al crescere degli scaglioni.
Il principio di progressività
La progressività fiscale è una caratteristica centrale del sistema tributario che impone aliquote fiscali crescenti con l'aumentare del reddito o del valore del bene tassato. Questo principio si applica al sistema tributario nel suo insieme, e non necessariamente a ogni singolo tributo. In altre parole, alcuni tributi possono essere proporzionali o regressivi, purché il sistema nel suo complesso rimanga progressivo.
La ragione per cui molti paesi adottano la progressività fiscale è duplice. In primo luogo, lo Stato ha bisogno di raccolta di fondi per finanziare le sue attività e fornire servizi alla popolazione. In secondo luogo, e forse più importante, la progressività fiscale serve come mezzo per ridistribuire la ricchezza. Con aliquote fiscali più elevate per i redditi più alti, i ricchi contribuiscono in misura maggiore al finanziamento delle spese pubbliche. Questo non solo aiuta a finanziare i servizi pubblici, ma può anche contribuire a ridurre le disuguaglianze di ricchezza e di reddito.
Questo principio è collegato al concetto di utilità marginale decrescente della ricchezza. In sostanza, un euro extra vale di più per una persona con un reddito basso rispetto a una persona con un reddito alto. Pertanto, tassare di più i redditi più alti non solo è finanziariamente più efficace, ma potrebbe anche essere considerato più equo dal punto di vista sociale.
Ricordiamo tuttavia che, nonostante il principio di progressività fiscale sia largamente accettato, la sua attuazione e le sue implicazioni politiche e sociali possono essere oggetto di dibattito.
Imposta Regressiva
Un'imposta è considerata regressiva quando l'aliquota media diminuisce all'aumentare dell'imponibile, anziché crescere.
Un esempio potrebbe essere questo: per un imponibile fino a 100.000 euro, l'aliquota è del 10%, ma oltre i 100.000 euro, l'aliquota scende al 9%, e così via. Questo modello dimostra come, con l'incremento della ricchezza, l'importo dell'imposta, in termini percentuali, si riduca.
Il principio della regressività
Il principio che caratterizza l’imposta regressiva viene utilizzato per giustificare i casi in cui i contribuenti più ricchi non utilizzano alcuni beni o servizi pubblici.
In realtà, questo principio contrasta con il principio di redistribuzione e quello di equità: tutti i cittadini hanno l’obbligo di contribuire al benessere della collettività in base alle proprie diponibilità economiche.
Aspetti generali dell’imposta
L’art. 53 della Costituzione afferma che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Questa può essere valutata in base al reddito e al patrimonio, sui quali il soggetto dovrà pagare l’imposta.
Gli elementi che la compongono sono:
- il presupposto: ad esempio, il possesso di un bene o di un reddito;
- la base imponibile: la ricchezza su cui si applica l’imposta;
- l’aliquota: rapporto tra l’ammontare dell’imposta e l’imponibile, espresso in percentuale.
Imposte dirette e indirette: la differenza in un approfondimento
In Italia abbiamo le seguenti imposte indirette:
- Imposta di registro
- Imposta catastale
- Accisa
- Imposta di bollo
- Imposta sulle pubblicità
Questa serie di tasse sono abbastanza elastiche rispetto alle imposte dirette e dunque risentono meno del fenomeno dell'evasione fiscale. D'altra parte, però, non assicurano una continuità nell'ambito della riscossione fiscale da parte dello stato proprio perchè non sono fisse.
Se, come abbiamo visto, le accise e l'Iva gravano ad esempio sull'acquisto dei carburanti, altre imposte come quelle di registro, ipotecarie oppure catastali, le ritroviamo spesso al momento di effettuare una compravendita di un immobile ed in particolare, ad esempio, quando si ha un passaggio di proprietà di quest'ultimo. Con l'imposta di registro si paga, in pratica, la trascrizione di un atto giuridico su registri pubblici presso l'Agenzia delle Entrate e la sua quota può variare in base a diversi fattori.
Come si può notare, abbiamo a che fare quotidianamente con diverse imposte indirette, tuttavia alcune volte non ce ne rendiamo conto.
Ivie ed Ivafe e gli incassi per l'erario
Dopo l’istituzione delle cosiddette mini imposte patrimoniali, Ivie ed Ivafe, l’erario tira le prime somme sugli incassi derivanti dalle suddette tasse . In particolare il Ministero dell’economia ha fornito i dati inerenti le dichiarazioni dei redditi del 2013, dove sono stati dichiarati anche i valori patrimoniali riferiti ai beni posseduti all’estero.
Per quanto riguarda gli immobili posseduti all’estero, la cosiddetta Ivie ha come soggetti passivi di imposta anche quei contribuenti che risultano titolari effettivi del bene anche se il bene è intestato ad un trust. Occorre ricordare che l’Ivie, già istituita nel 2011, è stata differita all’anno 2012 ed è dovuta nella misura dello 0,40 % per i possessori di immobile adibito ad abitazione principale e dello 0,76 % per i possessori di altri tipi di immobile. Il calcolo dell’imposta dovuta deve tener conto naturalmente del periodo di possesso e quindi occorrerà rapportare la base imponibile con i mesi di effettivo possesso dell’unità immobiliare. Esaminando il dato delle dichiarazioni del 2013 risulta che oltre 102 mila soggetti hanno dichiarato immobili ubicati all’estero per un valore totale di circa 23,8 miliardi di euro.
L’Ivafe (imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero) invece è un tributo dovuto da tutti i possessori di attività finanziarie situate oltre confine (dati da indicare all’interno del quadro RW). Tale prelievo, istituito anch’esso nel 2011, e successivamente spostato al 2013 è dovuto nella misura dell’1,5 per mille in proporzione alla quota di titolarità della proprietà ed ai mesi di effettivo possesso. In questo caso i 104.000 contribuenti italiani che hanno dichiarato attività finanziarie all’estero per circa 38,5 miliardi di euro.
Oltre all’Ivie ed all’Ivafe, il ministero dell’Economia ha fornito i dati anche di quanto versato a titolo di contributo di solidarietà, prelievo introdotto dal Dl n. 138 del 13 Agosto 2011. Il prelievo, pari al 3 %, si applica ai contribuenti che dichiarano oltre 300 mila euro annui, sulla parte eccedente tale reddito. In questo caso il contributo di solidarietà è stato applicato a circa 30 mila contribuenti per un incasso erariale di circa 252 milioni di euro.
Caratteristiche delle imposte dirette
Un'imposta rappresenta una delle principali fonti di entrata per lo Stato, costituendo un prelevamento obbligato di denaro dai cittadini, che non è legato a un servizio specifico fornito dallo Stato o da altre entità pubbliche. Questo prelevamento serve a coprire le spese pubbliche.
In quei paesi che seguono il diritto romano, un'imposta è diversa da una tassa, la quale è invece correlata a un servizio specifico. La somma raccolta dallo Stato tramite le imposte è nota come gettito fiscale.
La quantità e la distribuzione delle imposte tra i vari segmenti della popolazione sono temi di studio per l'economia finanziaria e vengono gestite attraverso politiche fiscali. Il livello medio di imposizione fiscale in un paese è comunemente chiamato pressione fiscale.
Nel contesto del diritto fiscale italiano, esistono due categorie principali di imposte: le imposte dirette e le imposte indirette.
Le imposte dirette sono quelle che colpiscono direttamente la ricchezza di un individuo. Per capire meglio questo concetto, le imposte dirette sono applicate sulla ricchezza già esistente, sia come bene materiale sia come risultato di un'attività produttiva o di un servizio. Un esempio è l'imposta sul reddito.
Un altro aspetto importante delle imposte dirette è che non possono essere trasferite: rimangono a carico di chi è legalmente tenuto a pagarle, come le imposte sul patrimonio e sul reddito, e non causano variazioni tra il prezzo che il produttore deve pagare e il prezzo che il consumatore paga.
La situazione in Italia
Le imposte dirette che sono in vigore in Italia e che dunque sono, ripetiamo, obbligatorie per legge e non trasferibili, e vanno ad intaccare direttamente la ricchezza del singolo a favore dello Stato, sono le seguenti:
- IRPEF – Imposta sul reddito delle persone fisiche: regolata dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Fornisce circa un terzo del gettito fiscale per lo Stato italiano.
- IRES - Imposta sul reddito delle società: istituita con il d.lgs 344/2003, è una imposta proporzionale e personale con aliquota del 33 %.
- IRAP – Imposta regionale sulle attività produttive: istituita con il decreto legislativo 15 dicembre 1997 n.446. Il suo gettito finanzia il 40% della spesa sanitaria italiana.
- ICI - Imposta Comunale sugli Immobili: ha preso la forma attuale con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.
Contributi previdenziali
Le imposte indirette si applicano quando la ricchezza viene trasferita, come nella vendita di un bene, o consumata, come nell'utilizzo di un servizio. Questo tipo di imposte, in sostanza, viene passato da chi è tenuto a pagarle a terzi.
Queste imposte possono creare una discrepanza tra il prezzo netto per il produttore e il prezzo finale pagato dal consumatore. Le imposte indirette colpiscono la ricchezza quando questa viene consumata o trasferita. Ecco perché abbiamo imposte sul consumo, come l'IVA, o imposte sul trasferimento, come l'imposta di registro.
Le imposte dirette, d'altra parte, hanno un maggiore impatto nella redistribuzione del reddito, assicurano un flusso di entrate costante e sono relativamente economiche da riscuotere. Tuttavia, possono incoraggiare l'evasione fiscale, sono inflessibili e possono essere fortemente percepite dal contribuente, in particolare da un punto di vista psicologico.
Le imposte indirette, al contrario, sono flessibili, divisibili e, poiché sono incorporate nel prezzo dei beni acquistati, sono percepite in modo meno marcato dai contribuenti. D'altro canto, non garantiscono un flusso di entrate costante.
La progressività dell'imposta
Tra le imposte dirette progressive più note ai contribuenti c'è l'IRPEF: essa determina che ogni proprietario di beni immobili, lavoratore dipendente, lavoratore autonomo, socio di enti collettivi, insomma tutti i soggetti in grado di produrre reddito, siano gravati da tale pagamento.
Nel caso dell'IRPEF, l'imposta progressiva è a scaglioni, ovvero l'aliquota attraverso quale si determina il prelievo fiscale tende a crescere ma rimane comunque sempre la stessa per intervalli di imponibile. Questo discorso cambia nel caso di contribuenti appartenenti alla cosiddetta no tax area, che tutela i contribuenti appartenenti a fasce di reddito più deboli.
Questa fascia di reddito prevede imposizioni fiscali più basse. Grazie alla proporzionalità, è possibile ridistribuire la ricchezza a favore della collettività, in modo che il prelievo tributario si a vantaggio della comunità.
Alcuni detrattori della proporzionalità sostengono invece che un eccessivo prelievo fiscale da parte dello Stato sia nocivo agli investimenti e ai consumi privati, andando a compromettere negativamente l'intero sistema economico di un Paese.
IRES (Imposta sul reddito delle società)
L'IRES sta per Imposta sul reddito delle società. Si tratta di una imposta proporzionale e personale che ha una aliquota pari al 33%. Viene applicato in maniera diretta al reddito d'impresa, sempre che non si tratti di enti non commerciali, e deve seguire particolari norme in caso di tassazione per trasparenza o per il consolidato fiscale.
Incostituzionalità della Robin Tax
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 9 del 11 febbraio 2015, ha dichiarato illegittima la legge n.133 del 6 agosto 2008 e successive modifiche, inerenti all’imposta IRES per le società petrolifere ed energetiche. Secondo quanto era stato stabilito per legge, la Robin Tax prevedeva un aggravio dell’IRES per le società che lavoravano nell’ambito energetico, petrolifero e del gas e che avessero ottenuto un ricavo, nell’annualità precedente, superiore alla somma di 25 milioni di euro. La sentenza decorre dal giorno dopo la pronuncia della Corte Costituzionale e non ha quindi valore retroattivo.
Dopo questa sentenza, il nuovo Governo (ricordiamo che all’epoca dei fatti il Premier era Berlusconi e il Ministro delle Finanze Tremonti) dovrà trovare vie alternative per reperire le risorse che non arriveranno più da quest’imposta. Si è calcolato, infatti, che nel biennio 2011-2012, l’incasso per lo Stato era stato vicino ai 3 miliardi di euro. Una cifra notevole, che adesso verrà a mancare nelle casse dello Stato. Ultimamente, l’incasso era sceso come gettito perchè era stata modificata l’aliquota di riferimento: dapprima era passata dal 5% al 10%, per poi scendere intorno al 6.5% nell’ultimo anno. La questione era stata posta dalla Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia con la stessa Autorità per l’Energia che aveva paventato come un aggravio si potesse poi ripercuotere sull’ultimo elemento della filiera, ossia i cittadini consumatori.
La cancellazione di questa tassa, la Robin Tax, secondo alcuni analisti, potrebbe comportare un aumento degli utili per le società di questo settore stimato intorno al 10%. Una buona notizia per questi soggetti che possono cominciare di nuovo a pensare a delle strategie economiche importanti grazie ai soldi che non verranno più vincolati al pagamento delle tasse all’erario.
La Corte Costituzionale ha spiegato la non retroattività della norma con il fatto che togliere dalle casse dello Stato una somma così ingente, dopo che lo stesso Governo aveva trovato degli accordi con l’Unione Europea sul bilancio, avrebbe provocato danni importanti per l’esecutivo, visto che sarebbe stato privato di una perdita consistente da inserire sul rendiconto economico.