Il contratto individuale di lavoro è redatto tra un datore di lavoro e un lavoratore (è prevista la possibilità di più datori o più lavoratori che stipulano lo stesso contratto). Si tratta di un contratto nominato, bilaterale e oneroso. Si forma con il consenso delle parti e la capacità di stipulare una formula contrattuale, da parte del prestatore (si acquista al raggiungimento dell'età minima per l’ammissione al lavoro).
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- Cosa deriva dal rapporto individuale di lavoro
- La riforma dei contratti
- Quali sono i principali diritti dei lavoratori?
- Organi di tutela del lavoro
Cosa deriva dal rapporto individuale di lavoro
Dal contratto derivano le obbligazioni del datore di corrispondere la retribuzione dovuta e del lavoratore di prestare la propria opera "alle dipendenze e sotto la direzione" del datore. C’è l'obbligo da parte del primo di fornire un ambiente di lavoro sicuro. La forma scritta del contratto individuale di lavoro può essere imposta dalla contrattazione collettiva o dalla legge nei casi di arruolamento di personale marittimo, per quello del personale dell’aria e per la tipologia relativa al lavoro sportivo.
Il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare agli uffici di collocamento l'avvenuta assunzione e il contenuto e l'obbligo di consegnare al lavoratore un documento che riporta i dati di registrazione nel libro matricola, la durata delle ferie e la periodicità della retribuzione. L'oggetto del contratto di lavoro è dunque formato dalla prestazione lavorativa e dalla retribuzione (deve essere lecito e possibile, pena la sua nullità).
L'apposizione del termine deve risultare da atto scritto (la proroga è possibile solo per contratti di durata inferiore a tre anni). Il contratto di lavoro individuale può anche prevedere un periodo di prova, durante il quale ciascuna parte può recedere senza obbligo di preavviso.
La riforma dei contratti
Il precariato purtroppo è stata una condizione che si è prolungata per troppo tempo in Italia. Il contratto a tempo indeterminato o il posto fisso è sempre più diventato una chimera, con la disoccupazione che allo stesso tempo cresceva e portava come conseguenza la perdita di molti posti di lavoro. All’orizzonte si prevede una riformulazione completa del settore, con l’abolizione o cancellazione di alcune tipologie e il famoso Jobs Act al centro di tutto il progetto dell’esecutivo Renzi. Nelle intenzioni del Governo, infatti, si punta ad eliminare quelle forme di contratto che sono il simbolo del precariato, come ad esempio cocopro, il job on call (lavoro a chiamata) e lo job sharing.
Contemporaneamente, saranno dati maggiori incentivi fiscali per chi utilizzerà il contratto a tutele crescenti, che nell’ottica del Premier Renzi avrà come obiettivo quello di dare slancio alla ripresa e all’occupazione. Le aziende che utilizzeranno questo strumento potranno godere di maggiori agevolazioni fiscali, con il giovane che per i primi anni non avrà le tutele così come garantito dal celebre articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Tra le novità, è prevista una rivisitazione del contratto ad apprendistato (dedicato attualmente ai giovani Under 30) con un maggior allenamento dei vincoli burocratici e azzeramento dei contributi alle aziende con oltre nove lavoratori. Si pensa inoltre al superamento del famoso Contratto a progetto, altro simbolo del precariato della società moderna.
Questa tipologia di contratto era parecchio usata dalle imprese con contratti a un numero precisato di mesi, non dando nessuna garanzia al lavoratore. Per i giovani, è necessario se non obbligatorio superare questa fase dei contratti senza futuro, che non permettono di poter creare un avvenire visto che neanche le Banche concedono prestiti in simili situazioni. La disoccupazione, stando agli ultimi dati, si attesta intorno al 13% e dal 2008 sono stati persi un milione di posti di lavoro. Ecco perchè diventa fondamentale una sterzata che possa dare a questi ragazzi l’opportunità di non vivere al buio e di non essere costretti a pensare ad un futuro lontano dall’Italia, così come fatto da tanti connazionali che hanno fatto le valige e si sono recati all’estero, delusi ormai dal sistema Paese.
Quali sono i principali diritti dei lavoratori?
Oltre ai vari obblighi, elemento del contratto di lavoro è anche un insieme di norme, che regolano il lavoro e tutelano il lavoratore nella dignità e nella salute. La Costituzione riconosce al lavoratore il diritto ad una retribuzione proporzionata all’abilità, alla fatica e alla sua responsabilità; viene in quest’ottica anche tutelato il lavoro delle donne e dei minori.
Sono state stabilite delle norme per la previdenza e l’assistenza e per le assicurazioni obbligatorie. Viene affermato il principio del diritto di sciopero, della libertà dell’organizzazione e dell’attività sindacale. A completare queste norme è stato emanato lo Statuto dei Lavoratori, che ha lo scopo di tutelare i diritti dei lavoratori dipendenti e delle rappresentanze sindacali di fabbrica. Lo Statuto dei Lavoratori viene reso come spunto nelle imprese industriali con più di 15 dipendenti, in quelle agricole con più di 5 dipendenti e non si applica negli enti pubblici.
Organi di tutela del lavoro
In sede governativa sono stati costituiti degli organi di tutela del diritto del lavoratore:
- l’Ispettorato del Lavoro, che è l’organo di vigilanza per il rispetto della legislazione sul lavoro, l’applicazione dei contratti collettivi, il funzionamento delle attività previdenziali e assistenziali;
- l’Ufficio del Lavoro, per il collocamento dei lavoratori e l’assistenza agli emigrati.
I lavoratori dipendenti possono godere di alcuni diritti definiti dalla legislazione del lavoro al fine di tutelarli.
I diritti generali che vengono riconosciuti sono:
- ottenere uno stipendio, che deve essere proporzionale alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e deve permette di vivere dignitosamente;
- orario di lavoro: viene stabilito un massimo di 40 ore a settimana; ci sono casi in cui le ore lavorative sono inferiore a tale soglia, altre volte le ore eccedenti sono considerate straordinario;
- riposo settimanale: deve essere almeno uno a settimana, vale a dire che dopo sei giorni di lavoro ci deve essere uno stacco di almeno 24 ore;
- indennità di malattia: viene riconosciuta a partire dal quarto giorno di malattia. I primi tre giorni sono pagati dal datore di lavoro, i restanti dall’INPS che riconosce il 50% della retribuzione giornaliera per i primi venti giorni;
- astensione dal lavoro per maternità o paternità: il D. Lgs. .151/2001 tutela le neo-mamme dal possibile licenziamento, proteggendole dall’inizio della gestazione fino al compimento del primo anno del figlio. In alcuni casi, questo diritto viene riconosciuto anche al padre. L’astensione dal lavoro della madre è obbligatorio, così come la possibilità di usufruire di permessi retribuiti e non per l’assistenza del bambino.
Pari opportunità e discriminazione
Nell’ambito dei diritti del lavoratore, è opportuno soffermarsi su alcune tematiche che ancora oggi risultano scottanti. Si tratta del riconoscimento della parità uomo-donna sul lavoro: la legge afferma che alla donna lavoratrice devono essere riconosciuti gli stessi diritti di un uomo. Il regolamento è inserito all’interno del D.Lgs. del 11 aprile 2006, n. 198, vale a dire il "Codice delle pari opportunità tra uomo e donna".
La necessità di regolamentare i diritti delle donne è nata dalla loro crescente presenza nel mondo del lavoro, per necessità o per voglia di affermarsi. Accade spesso, purtroppo, che le donne non abbiano accesso ai vertici della vita sociale, economica e politica e la loro retribuzione sia inferiore rispetto a quella degli uomini.
Negli ultimi assistiamo ad un’aumento delle donne in politica, in ambito nazionale ed europeo, o a capo di grandi aziende.
Anche il Parlamento Europeo ha deciso delle norme che devono essere rispettate per estirpare qualsiasi tipo di discriminazione nei confronti delle donne.