Logo del Sito Portal Diritto

Dopo aver pubblicato l'articolo sulla Carta dei diritti dei bambini, oggi ci buttiamo in un nuovo argomento.

Menu di navigazione dell'articolo

Essere "separati in casa" è una situazione in cui due persone che sono legalmente sposate o coinvolte in una relazione a lungo termine, decidono di terminare la loro relazione romantica o coniugale, ma continuano a vivere nella stessa casa o appartamento.

Questo può avvenire per vari motivi, tra cui:

  1. Considerazioni finanziarie: mantenere due case separate può essere costoso e, in alcuni casi, i coniugi potrebbero non essere in grado di permettersi di vivere separatamente.
  2. Figli: mantenere una presenza costante per i figli è un'altra ragione comune per la quale le coppie possono decidere di rimanere separati in casa. Ciò può minimizzare l'impatto emotivo della separazione sui figli e fornire un certo senso di stabilità.
  3. Logistica: a volte, la logistica di trovare una nuova casa o di trasferirsi può rendere difficile per una o entrambe le parti lasciare la residenza condivisa.
  4. Considerazioni legali: in alcuni paesi, è necessario un periodo di separazione prima che possa essere finalizzato un divorzio. Durante questo periodo, le coppie possono decidere di rimanere nella stessa casa.

Tuttavia, è importante notare che essere separati in casa può presentare sfide uniche. Questo include la necessità di definire nuovi limiti, gestire le interazioni quotidiane e affrontare le questioni emozionali associate alla fine della relazione pur continuando a condividere lo stesso spazio abitativo. Anche se non ci sono specifiche disposizioni legali che definiscono la separazione in casa, la situazione può avere implicazioni legali, specialmente se la coppia decide in seguito di divorziare. Le leggi variano a seconda del paese, quindi è sempre consigliabile cercare consulenza legale se ci si trova in questa situazione.

La separazione in casa è una circostanza che si verifica quando due coniugi, pur essendo separati di fatto, continuano a vivere nella stessa abitazione. Questa situazione può essere causata da una varietà di motivi, come problemi economici o la volontà di mantenere un certo ambiente per i figli. La separazione di fatto è differente dalla separazione legale, consensuale o giudiziale. Quest'ultima necessita dell'intervento di un'autorità giudiziaria, che stabilisce le condizioni di separazione, che possono includere l'affidamento dei figli, la divisione dei beni e l'eventuale pagamento di un assegno di mantenimento. Per contro, la separazione di fatto si concretizza nell'abbandono spontaneo del tetto coniugale da parte di uno dei due coniugi, spesso con un accordo amichevole per il pagamento degli alimenti.

Nonostante la separazione, è possibile che i due ex coniugi decidano di continuare a convivere nello stesso spazio, diventando in effetti "separati in casa". Questo può avvenire per svariate ragioni, tra cui problemi economici che rendono difficile per una o entrambe le parti mantenere un'abitazione separata, oppure per minimizzare l'impatto della separazione sui figli. In queste circostanze, i due ex coniugi vivono insieme, ma conducono vite separate, mantenendo distanza l'uno dall'altro e cercando di limitare l'interazione.

Coabitazione e convivenza

Nel contesto della separazione in casa, è importante capire la distinzione tra "convivenza" e "coabitazione", due termini che, sebbene possano sembrare simili, hanno implicazioni significativamente diverse in termini giuridici.

La "convivenza" è un concetto che include la coabitazione, ma si estende anche a un aspetto emotivo e sentimentale. Si riferisce alla vita condivisa da due persone che, oltre a risiedere nello stesso spazio fisico, condividono anche aspetti della vita quotidiana e hanno un legame affettivo. In altre parole, la convivenza implica una fusione di vite non solo a livello fisico, ma anche emotivo e pratico.

La "coabitazione", al contrario, ha una portata più limitata. Si riferisce semplicemente alla condivisione dello stesso spazio abitativo, senza implicare necessariamente un legame emotivo o la condivisione di aspetti della vita quotidiana. In una separazione in casa, i due ex coniugi sono coabitanti, in quanto continuano a vivere nella stessa abitazione, ma non sono più conviventi, poiché il legame sentimentale e la condivisione di aspetti della vita quotidiana sono cessati.

Pertanto, una separazione in casa comporta la fine della convivenza, mentre la coabitazione continua. Questo significa che, sebbene i due ex coniugi condividano ancora lo stesso spazio fisico, conducono vite separate e non partecipano più attivamente alla vita dell'altro.

La novità low cost

Con la nuova legge sulle separazioni e separati in casa, questo atto non costerà come in passato migliaia di euro ma appena 16 euro, da versare nelle Casse del Comune. Un’agevolazione che non vale quando ci sono di mezzo i figli, visto che in quest’ultimo caso bisognerà tuttavia passare sempre per gli avvocati. Queste nuove norme hanno portato a un boom delle richieste di separazioni, soprattutto in coppie 50enni o 30enni, che sono quelle che più di tutte soffrono la crisi matrimoniale. Una crisi matrimoniale testimoniata anche dai numeri, visto che nel 2012 le separazioni erano arrivate al 22% e i divorzi al 36%. Un chiaro sintomo che le vecchie famiglie, che festeggiavano le nozze d’argento se non addirittura le nozze d’oro, non esistono più. Oppure, sono diventati solo pochissimi casi.

Ma perchè allora le persone si sbrigano per sposarsi? Sarebbe questa la domanda da fare a tutte quelle coppie che arrivano all’altare della Chiesa o in Comune per suggellare un’unione che dovrà durare in eterno. Purtroppo, basta fare un giro tra amici, vicini di casa o semplicemente persone della propria città per capire che la realtà si è completamente ribaltata rispetto a tanti anni fa. Oggi le coppie “scoppiano” per un nulla, al primo accenno di crisi ecco che si lasciano, magari dopo aver giurato e urlato amore eterno. I social network hanno poi aggravato la situazione, visto che i canali social sono stati menzionati come tra le cause del divorzio e/o separazione o stato di separati in casa.

Tutto ciò ha prodotto quindi matrimoni che durano pochi anni prima della fine con la crisi economica che ha peggiorato la situazione. Sono aumentati infatti i casi di marito e moglie costretti a vivere sotto lo stesso tetto da “separati in casa” perchè non possono permettersi una separazione di fatto, con uno dei che va ad abitare da un’altra parte. Quando ci sono poi figli di mezzo, lo scenario è più difficile da gestire perchè i bambini capiscono la difficoltà del momento e ne soffrono terribilmente, anche se non lo danno a vedere. Con tutte le conseguenze del caso, del figlio che a weekend alternati vive con il padre e poi ritorna dalla madre, come fosse un pacco postale. E tutto ciò influisce su una crescita sana e soprattutto stabile del figlio/a.

Quali sono i due tipi di separazione legale? 

La separazione legale può essere di due tipi: 

  • La separazione legale consensuale si ha quando i coniugi decidono di comune accordo di separarsi e chiedono al tribunale di omologare la separazione. 
  • La separazione legale giudiziale. 

Procedura per richiederla 

  1. Presentazione di domanda congiunta di separazione legale (deposito di ricorso) alla Cancelleria del Tribunale competente per residenza di uno o entrambi i coniugi.
  2. Il Presidente del Tribunale, una volta formato il fascicolo d’ufficio in cui sono contenuti il ricorso e i documenti richiesti, fissa un’udienza di comparizione per i coniugi.
  3. Nel corso dell’udienza il Tribunale prova ad esperire un tentativo di conciliazione.

La separazione legale può essere dichiarata a prescindere dalla colpa di uno dei due coniugi. È possibile che i coniugi si separino perché avvenimenti esterni si inseriscano nella loro vita di coppia. A differenza del divorzio, quest’istituto ha carattere transitorio (per rendere formale la riconciliazione è possibile recarsi al Comune di appartenenza). Determina innanzitutto lo scioglimento del regime di comunione legale dei beni. In caso di consensuale, i coniugi andranno a disciplinare i loro rapporti con un accordo che verrà poi approvato dall'autorità giudiziaria. In presenza di un procedimento di separazione giudiziale si ha lo scioglimento dell'eventuale regime di comunione legale.

Sono fatti salvi tutti i provvedimenti che provvedono all'interesse della prole (a chi è separato spetta poi una parte della pensione di reversibilità). Per ciò che riguarda i diritti successori, il coniuge separato è equiparato a tutti gli effetti al coniuge non separato. 

Come arrivare alla Consensuale

E’ comunque obbligatorio l'intervento del tribunale. Consiste in un accordo dei coniugi sulle condizioni che dovranno disciplinare i loro rapporti. Il tribunale controlla la legittimità delle varie clausole. Quando i coniugi non arrivano ad un accordo, hanno il diritto di chiedere al tribunale di stabilire le condizioni che dovranno governare in futuro i loro rapporti. Si fissa allora una causa ordinaria osservando le regole del processo civile.

Si consiglia la procedura perché è meno traumatica per le parti poste in essere, perché permette la permanenza di quel reciproco rispetto necessario in presenza di figli e perché risulta più economica. Per la consensuale, l'assistenza dell'avvocato non è necessaria mentre in quella giudiziale, l'assistenza dell'avvocato è obbligatoria.

Notifiche relative alle variazioni della casa

Separazione legale

Nel momento in cui avviene la separazione legale il giudice stabilisce a chi destinare l’utilizzo della casa coniugale. Il primo criterio che viene utilizzato per l’assegnazione è quello di attribuire la casa coniugale al coniuge a cui è affidata la prole. In ogni sentenza per l’assegnazione della casa coniugale il giudice giudica le condizioni economiche dei consorti e applica il principio disciplinato dall’articolo 155 C.C. e dall’articolo 6 . L. 898/70 che identifica l’assegnazione della casa coniugale al coniuge a cui sono affidati i minori.

E’ dovere del coniuge separato comunicare eventuali cambiamenti di residenza o domicilio, entro trenta giorni dalla variazione stessa. Nel caso di mancato avviso, l’ex coniuge deve risarcire il consorte per il danno provocato. Nel caso di coniugi senza figli, l’utilizzo della stessa abitazione è regolato dalle comuni norme di locazione.

Se l’abitazione familiare è in locazione occorre comunicare al proprietario chi è il coniuge che ha ottenuto l’assegnazione della casa. Nel momento in cui è proprietà comune, la decisione del tribunale può essere trascritta nei registri immobiliari in modo da essere opponibile al terzo acquirente. Il coniuge separato ha dunque il diritto all’intera pensione di reversibilità nel caso di morte dell’ex consorte.

Come decide il tribunale in merito all'abitazione coniugale

La scelta del tribunale deve proteggere il coniuge più debole sotto il profilo economico. Il coniuge non affidatario ha diritto al mantenimento (che può essere corrisposto con assegni mensili o in un’unica soluzione). La liquidazione in un’unica soluzione è possibile, previo accoro delle parti, quando il giudice ritiene equo l’importo da corrispondere.

L'assegno di mantenimento

L'assegno di mantenimento è un supporto finanziario che uno dei coniugi è obbligato a fornire all'altro o ai figli in caso di separazione legale. Questo obbligo deriva dall'assistenza materiale, un dovere che nasce dal matrimonio e non termina con la separazione legale. È un pagamento periodico, solitamente mensile, che può essere rappresentato da un importo fisso o da specifiche spese come l'affitto o le Spese condominiali.

Esistono condizioni per l'assegno di mantenimento:

  • La richiesta deve essere espressamente formulata nel modulo di richiesta.
  • Il coniuge che richiede l'assegno non deve essere la causa della separazione.
  • Il coniuge che paga l'assegno deve avere mezzi economici adeguati per fornire il supporto.

È importante distinguere due tipi di assegno di mantenimento:

  1. Assegno di mantenimento al coniuge: Questo viene concesso quando il coniuge non è in grado di provvedere al proprio sostentamento. Le condizioni specifiche possono variare, ma in genere dipendono dalle circostanze finanziarie di entrambi i coniugi, dalla durata del matrimonio, dall'età e dalla salute del coniuge che riceve l'assegno.
  2. Assegno di mantenimento ai figli: Questo è destinato a garantire il benessere dei figli. Il genitore che non ha la custodia dei figli è generalmente responsabile del pagamento di questo assegno. L'importo è determinato da vari fattori, tra cui le necessità del figlio, l'età, le condizioni di salute, l'educazione e il tenore di vita che il figlio aveva durante il matrimonio.

Ricorda che le leggi e le regole riguardanti l'assegno di mantenimento possono variare a seconda delle leggi locali e nazionali, quindi è sempre consigliabile cercare una consulenza legale adeguata.

L’assegno di mantenimento al coniuge

divorzio

Se uno dei coniugi non ha un reddito sufficiente per mantenere il tenore di vita precedente alla separazione, il giudice può ordinare all'altro coniuge di fornire un assegno di mantenimento periodico. L'importo di questo assegno è determinato tenendo conto del reddito del coniuge obbligato a pagare e dei bisogni dell'altro coniuge. Tuttavia, questo assegno non può essere concesso al coniuge a cui è stata attribuita la responsabilità della separazione legale. In questo caso, al coniuge può essere riconosciuto solo il diritto agli alimenti, cioè il diritto di ricevere una somma di denaro periodica sufficiente per il suo sostentamento.

Inoltre, quando i coniugi si separano, sono obbligati a comunicare all'altro genitore eventuali cambiamenti di residenza o domicilio. Se questa comunicazione non avviene, il coniuge che non ha informato l'altro può essere obbligato a risarcire il danno causato dalla difficoltà di localizzazione. In alcuni casi, l'assegno di mantenimento può essere liquidato in una somma unica e definitiva, se il giudice ritiene che l'importo sia equo. Questa liquidazione è considerata definitiva perché l'ex coniuge che riceve il mantenimento non può richiedere ulteriori pagamenti. Ricorda, tuttavia, che queste disposizioni possono variare a seconda delle leggi locali e nazionali. Pertanto, è sempre consigliato consultare un legale se si trova in questa situazione.

Le norme specifiche

Nel momento in cui avviene una separazione tra coniugi senza figli, l’utilizzo è regolato dalle semplici norme di locazione e proprietà. Nel caso in cui la casa coniugale è in locazione, si deve comunicare al proprietario chi è il coniuge che ha avuto l’assegnazione della casa. Nel momento in cui invece l’abitazione è proprietà comune, l’assegnazione che il tribunale decide può essere trascritta nei registri immobiliari in modo da essere opponibile al terzo acquirente ai sensi dell'art. 1599 del codice civile.

Cosa prevede la legge per la Separazione dei beni

Come per la comunione dei beni, i criteri legati al regime patrimoniale di separazione dei beni, si trovano e vengono regolamentati dagli articoli del codice civile che disciplinano il matrimonio civile, ovvero il n. 143 e il n. 147. Con la separazione dei beni, si verifica la redistribuzione dei beni stessi acquisiti durante il matrimonio; nello specifico, il singolo coniuge è proprietario delle rendite ottenute. Il marito o la moglie sono dunque proprietari esclusivi di un bene acquistato e hanno tutti i diritti sullo stesso.

È possibile decidere per la separazione dei beni prima del matrimonio, tramite la stipula di un atto pubblico davanti ad un notaio. È inoltre possibile richiedere la separazione dei beni anche durante le celebrazioni del matrimonio, mediante una dichiarazione al celebrante, al parroco o all'Ufficiale di stato civile. È infine concessa la separazione dei beni dopo il matrimonio, con una convenzione del notaio. Qualora si verificassero dei contenziosi tra marito e moglie, vige “l'onere della prova”; secondo l'articolo n. 219 del Codice Civile infatti, possono difendere e provare di possedere la proprietà del bene oggetto di contenzioso. Se nessuno dei coniugi riesce a verificare la proprietà dello stesso, si attuerà la ripartizione e la proprietà in parti uguali a marito e moglie.

Le tradizionali coppie che vivono insieme “finchè morte non vi separa” sembrano non esistere più. Nell’epoca moderna, troppo spesso si sentono storie di matrimoni falliti o che crollano al primo accenno di crisi, per fortuna che esiste almeno la separazione dei beni! Una crisi trasversale, che prende di mira non solo 30enni o 40enni (le fasce d’età più colpite dalla separazione e dai divorzi, molte causate anche dall’invasione dei social network) ma anche gli over 65, visto che da una recente indagine è emerso un boom dei divorzi della terza età. Gli over 65 erano un po’ la roccaforte dei matrimoni, con queste coppie che ancora sapevano il significato di dirsi amore eterno, ma anche in questo frangente dobbiamo riscontrare una netta inversione di tendenza.

I dati sono sensazionali purtroppo: rispetto a dieci anni fa, sono aumentati i casi di divorzio del 40% addirittura nel Sud Italia, che soffre la crisi matrimoniale in numeri maggiori rispetto al Settentrione. Ecco quindi un altro tabù che cade, visto che in passato le coppie meridionali erano quelle più fedeli al matrimonio perchè legati a una tradizione storica che vedeva in questo atto un rito da rispettare fino alla fine e non era in uso nemmeno chiedere la separazione dei beni prima del matrimonio.
La situazione delle separazioni diventano più complicate quando di mezzo ci sono i figli, che troppo spesso si fanno diventare dei pacchi postali, con un weekend ad un genitore e quello successivo all’altro. Una situazione difficile, che il bambino o bambina soffre tremendamente, anche se non lo si vede ad occhio nudo.

Ancora più complicato il rapporto delle “separazioni in casa”, ossia coppie separate di fatto ma che sono costrette a vivere insieme per colpa della crisi economica che non consente a uno dei due di trovare un’altra casa e pagare simultaneamente più spese, tra bollette ed affitto. In questo caso, il clima gelido che si respira in casa non è molto funzionale ad una crescita serena dei bambini appartenenti al nucleo familiare. Ecco perchè, il matrimonio deve essere valutato attentamente prima di arrivare all’altare e in caso provvedere con una preventiva separazione dei beni. Non basta dire soltanto il fatidico “sì” e questo passaggio non deve essere considerato solo una formalità da prendere con superficialità.

Accordo consensuale: ecco alcune delle informazioni necessarie

La separazione consensuale, per descriverla brevemente, permette ai coniugi di separarsi di comune accordo in seguito ad un iter molto più breve rispetto all’alternativa giudiziale.
Com’è possibile intuire, tale tipo di separazione, può avvenire solo nel momento in cui i due coniugi siano riusciti a stabilire precedentemente un accordo su tutti i punti cardine che riguardano una coppia in fase di separazione, come, ad esempio: l’assegno di mantenimento, l’affidamento dei figli, il collocamento dei figli e tutti gli aspetti oggetto di disciplina oltre che la separazione dei beni.

Tuttavia, per quanto possa sembrare semplice la nostra descrizione, sappiate che non vi è pressoché nulla di più complesso di una separazione di questo tipo perché difficilmente si riesce a trovare una coppia che in questa fase sia in grado di pensare lucidamente, soprattutto perché vi sono in gioco vita personale e sentimenti.
Il corretto esito della separazione consensuale, può avvenire attualmente attraverso modalità differenti tra loro che però producono lo stesso effetto giuridico previsto dagli articoli del codice civile di riferimento.
Ecco alcune delle modalità più comuni perché funzionali:

  • La presentazione di un ricorso alla Presidenza del Tribunale di riferimento per i due coniugi che vengono assistiti da un unico avvocato o da uno per parte;
  • Separazione giudiziale che viene convertita in separazione consensuale durante la prima udienza;
  • Negoziazione assistita attraverso la presenza e l’assistenza di un avvocato per coniuge, in relazione alla legge numero 162 del 2014;
  • Procedimento effettuato presso l’Ufficio Comunale dello stato civile, possibile però solo se la coppia è priva di figli e se la separazione non determini attribuzioni patrimoniali, questa modalità prevede la possibilità di separarsi senza essere assistiti da un avvocato.

Nel caso in cui dal legame dei due coniugi sia nato almeno un figlio che, anche se maggiorenne al momento della separazione, non possiede alcuna autonomia economica, l’accordo allora avrà come oggetto principale proprio gli aspetti legati a tale situazione familiare, consapevoli che la responsabilità, naturalmente, ricade su entrambi i coniugi ed è necessario che il figlio o i figli abbiano il diritto ad un rapporto equilibrato con entrambe le parti.

Come nel caso della separazione giudiziale, anche in questo caso all’interno dell’accordo occorre che vi sia la voce relativa al mantenimento economico dei figli che è proporzionale al proprio reddito.

Infine è necessario che i genitori abbiano chiaro il volere dei propri figli, minori o meno, prima di prendere qualsiasi decisione che li riguardi, poiché anche il loro “consenso”, per quanto possibile, deve essere delineato chiaramente.

La recente riforma sul divorzio breve italiano

Non sempre l'unione tra due coniugi va a buon fine. Capita spesso infatti che per motivi di varia natura e legati a diverse incomprensioni tra marito e moglie si prenda la decisione, anche in presenza di figli, di separarsi. È possibile che la coppia decida per una separazione consensuale, che prevede un accordo dei coniugi che decidono di annullare i vincoli precedentemente presi con il matrimonio religioso e civile. Soprattutto quando si hanno dei figli poi si opta per la separazione in casa, dove la coppia decide di vivere sotto lo stesso tetto.

Ci sono situazioni però che non riescono a risolversi esclusivamente con l'adozione della separazione; in questi casi è necessario prendere misure decisamente più drastiche. Nei casi estremi infatti e dopo un periodo di separazione si avviano invece le pratiche del divorzio vero e proprio. Per coloro che vogliono accorciare i tempi giuridici è possibile inoltre il divorzio breve anche in Italia. Questa forma di risoluzione del matrimoni e consiste nella possibilità di applicare le dinamiche legali legate al divorzio stesso in modo più veloce rispetto al normale accelerando così le pratiche e le procedure previste per la sua attuazione.

Il divorzio breve è consentito unicamente trascorsi tre anni di separazione legale; questo è quanto previsto in Italia, in altri Paesi si può procedere direttamente al divorzio breve senza separazione obbligatoria precedente. 

Vediamo quindi in cosa consiste la riforma del divorzio breve. Recentemente sono state modificate le dinamiche legate al divorzio breve con la prevista riduzione della durata di separazione obbligatoria che scenderà ad un anno. La riforma del divorzio breve indica in caso di prole non maggiorenne, in una fase molto particolare ancora della vita e di crescita fisica e psicologica, la durata di separazione dovrà invece essere di due anni. Altre novità sono legate al patrimonio da dividere tra i due ex coniugi.

Con la separazione personale il regime di comunione viene meno già in udienza, nella quale di presidente del tribunale decreta la separazione anche dei beni.

Come farlo in fretta?

L’Istat ha pubblicato dati relativi a separazioni e divorzi in Italia riuscendo a dare delle buone notizie. Per l’appunto, secondo i dati dell’ente statistico la percentuale dei divorzi nel Belpaese ha subito un calo dello 0,7 %, andando in controtendenza rispetto a quanto registrato dal 1995.

Il cambiamento registrato negli ultimi 15 anni nelle regioni italiane ha messo in luce altri fattori interessanti. In principio era una tendenza prevalentemente settentrionale, con la Valle D’Aosta ad avere le percentuali più importanti. Oggi il Nord Italia resta leader nel numero, ma evidenzia cali importanti, mentre il Centro-Sud descrive una crescita esponenziale con il Lazio ad avere la media più elevata. Nello specifico, a contribuire all’aumento di questo numero si è resa protagonista Roma, grazie ai tanti residenti nella Capitale. Il lungo tempo dedicato a queste tipologie di processo è da sempre una criticità per i tanti romani che hanno deciso di intraprendere questo percorso. Infatti, è molto frequente venire a conoscenza di esperienze di coppie che hanno avuto figli con un processo per divorzio ancora non terminato.

Complice la presenza di Città del Vaticano, i praticanti cattolici di Roma scelgono la via dell’annullamento alla Sacra Rota; purtroppo non è un percorso molto semplice sia in termini pratici che dal punto di vista economico. Infine, l’ultima tendenza importante è stata descritta dall’affrontare tale processo in un Paese estero. In Italia per completare un divorzio è necessario un iter di tre anni di separazione, mentre all’Estero esistono diversi Paesi dove quest’ultimo percorso non è previsto.

Ma è davvero questa la soluzione per velocizzare i termini? In realtà non è sempre così sicura, viste le barriere linguistiche e giurisdizioni differenti rispetti all’Italia. Proprio per questo motivo, alcuni Studi Legali di Roma hanno aumentato la loro esperienza in questo settore inserendo nel team dei professionisti di diritto di famiglia pronti a ridurre quanto possibile i tempi del divorzio.

Continuiamo il nostro articolo sulla riforma del divorzio breve  parlando di quello congiunto.

Quello congiunto: quali sono le sue caratteristiche?

Per Divorzio si intende il disfacimento del matrimonio civile e la conclusione degli effetti del matrimonio religioso. Si parla di slegatura del vincolo matrimoniale, quando si frappone in relazione al matrimonio civile; si parla di cessazione degli effetti civili del matrimonio, quando il divorzio interviene in relazione al matrimonio concordatario.

Per arrivare alla separazione una coppia deve rivolgersi al Tribunale competente per territorio. A seconda che i consorti siano in accordo o meno nello slegare il vincolo matrimoniale, il procedimento seguirà due processi differenti:

  • giudiziale (i consorti non sono d’accordo sulle condizioni)
  • congiunto (c'è accordo dei coniugi sulle condizioni)

In caso di divorzio congiunto, ci saranno tre giudici che dovranno ascoltare i due ex coniugi insieme e decidere se concederlo . È bene però sapere che può essere richiesto unicamente trascorsi tre anni di separazione legale che si calcolano partendo dall’incontro di separazione presso il Presidente del Tribunale di competenza.

Affinché il ricorso sia valido, secondo l’articolo 4 della legge numero 898 del 1970 e diversamente dalla separazione, è necessario esprimere in modo chiaro ed esplicito le condizioni di entrambi i coniugi in merito ai figli e al patrimonio, anche in base ai rapporti economici instaurati tra i due. Sarà poi il Tribunale a decidere sul da farsi e a verificare che le condizioni dichiarate non vadano contro gli interessi della prole.

Qualche cenno su quello giudiziale

Nel momento in cui si parla di divorziare dal punto di vista giudiziale il procedimento è sempre più complesso e articolato. Nel caso di ricorso per il divorzio congiunto non è imposta la presenza dell’avvocato, mentre il ricorso per il giudiziale può essere mostrato anche da un solo coniuge.

Per alimenti si intendono le prestazioni di sostegno dovute alla persona che si trovi in stato di bisogno economico (sono tra gli obblighi di solidarietà familiare secondo l’art. 433 del codice civile). Sono tenuti a quest’obbligo:

  • il coniuge
  • i genitori
  • i generi e le nuore
  • i suoceri

Il dovere di fornire gli alimenti nasce per il soggetto che è nel grado di parentela più vicino. Agli alimenti è tenuto anche il donatario, così come sono anche dovuti dal coniuge cui sia imputabile la nullità del matrimonio in favore dell'altro coniuge. L’abitazione nella casa familiare tocca al genitore cui sono affidati i figli (il giudice valuta le condizioni economiche dei coniugi per tutelare il più debole).

Solitamente è il padre il soggetto fornitore dell’assegno per il loro mantenimento (la madre è obbligata soltanto nel 2% circa dei casi). Nel momento in cui si parli di separazioni con presenza di figli affidati al padre, la percentuale di madri che devono versare il contributo economico sale in maniera considerevole.

Storia del divorzio in Italia

Fu nel 1965 iniziava la mobilitazione del Partito Radicale per sensibilizzare l'opinione pubblica su questo tema. Nel 1970 il divorzio veniva inserito nell'ordinamento giuridico italiano con la legge n. 898. Gli italiani furono poi chiamati il 12 maggio 1974 a decidere se abrogare la legge Fortuna-Baslini: parteciparono al voto l'87,7% degli aventi diritto, votarono no il 59,3%, mentre i sì furono il 40,7% . Da sottolineare che comunque la normativa venne più volte ritoccata; si ridussero i tempi necessari per giungere alla sentenza e si diede al giudice la facoltà di pronunciare una sentenza parziale.

Il Tribunale deve dunque controllare l’esistenza di alcune condizioni:

  • è riconosciuta la fine della comunione materiale e della comunione spirituale tra i coniugi
  • sia stata approvata la separazione consensuale e la separazione giudiziale e siano trascorsi almeno tre anni dall'udienza presidenziale
  • uno dei coniugi non sia stato condannato a qualsiasi pena detentiva

Il Tribunale può emettere una pronuncia solo per la cessazione degli effetti civili (quelli religiosi possono venire meno soltanto con la dichiarazione di nullità del sacramento del matrimonio). La sentenza di divorzio produce i seguenti effetti personali: mutamento dello stato civile dei coniugi e perdita del cognome del marito da parte della moglie.

Occorre pagare un assegno periodico per il mantenimento del coniuge che sia privo di redditi adeguati (con conseguente perdita dei diritti successori. L’assegno di mantenimento e la sua quantificazione è specificata in relazione alle circostanze ed ai redditi dell’obbligato. Presupposti per il diritto al mantenimento sono la non titolarità di redditi propri e la sussistenza di una disparità economica tra le parti. Tra le molte novità proposte qualche anno fa dal governo tecnico Monti, una in particolare aveva suscitato la reazione benevola di una categoria spesso dimenticata di cittadini italiani: i divorziati o in attesa di divorzio. La riforma sul divorzio breve non è stata esattamente una novità dell'esecutivo Monti. Alcuni emendamenti sono stati presentati negli anni scorsi nel tentativo di modificare il codice civile in materia di disciplina del diritto di famiglia. 

In tema di divorzio, che sia esso breve o lungo, i parlamentari italiani hanno sempre formato schieramenti trasversali rispetto alle varie bandiere di partito, proprio perché il tema solleva problemi di natura etica e morale. Per questa stessa ragione, non si è mai riuscito a trovare un punto d’accordo sulla materia e i cittadini direttamente interessati dal problema hanno continuato a doversela vedere con le lunghe attese della giustizia.

Gli aspetti che furono stati regolati dalla riforma

divorce 619195 1920

Alcune proposte di modifica in questi anni riguardanti la riforma sul divorzio breve si riassumevano soprattutto in due articoli. Il primo si occupa della riduzione dei tempi di attesa per la concessione del divorzio (consensuale) che si allineano ai parametri europei: dai tre anni si passa ad un solo anno di attesa nel caso in cui la coppia non abbia figli o se essi abbiano già compiuto la maggiore età. Nel caso in cui i figli siano ancora minori, i tempi possono essere più dilatati e le procedure possono durare fino ad un massimo di due anni, per far si che il cambiamento dello status della famiglia non sia repentino e non danneggi psicologicamente i minori.

Il secondo articolo riguarda gli effetti patrimoniali del divorzio. Il problema della gestione del patrimonio in regime di comunione dei beni rimane insoluto fin quando la coppia non ottiene formalmente il divorzio. Dato che possono passare anni e che nel frattempo i coniugi potrebbero anche non vivere più sotto lo stesso tetto (come abitualmente accade), rimanere impigliati nelle maglie della burocrazia economica per ogni tipo di spesa da effettuare, diventa uno stillicidio per entrambi gli ex-coniugi.

La riforma, come si vedrá successivamente, è andata a regolare proprio questi aspetti, affermando, tra l'altro, che la comunione dei beni viene sciolta quando il giudice autorizza i coniugi a vivere separati, il che potrebbe anche non coincidere con la separazione formale.

Novità targate 2021

Finalmente, dopo tanta attesa e vicissitudini, la legge sul divorzio breve è divenuta realtá qualche anno fa, grazie al Governo Renzi e al Parlamento italiano, che ha approvato il testo di legge nell'Aprile 2015 ed è entrato in vigore nel Maggio dello stesso anno. Cosí, con la Legge 55/2015, la riforma sul divorzio breve è entrata a far parte anche dell'ordinamento normativo italiano. Come giá accennato, le nuove norme sono andate a modificare la vecchia legge 898/1970, meglio conosciuta come legge sul divorzio.

I tempi di quest'ultima sono stati nettamente ridimensionati per quanto riguarda la separazione, giudiziale o consensuale che sia, con importanti interventi anche in tema di scioglimento della comunione dei beni tra coniugi. Di conseguenza, relativamente ai tempi per la separazione tra questi bastano da 6 a 12 mesi (a seconda dei casi) e si evidenzia inoltre anche una notevole semplificazione di alcuni passaggi burocratici, fondamentale per la riduzione di controversie che, per le loro lungaggini, avrebbero creato possibili ulteriori attriti tra le parti. Successivamente all'approvazione della riforma sul divorzio breve del 2015, si è assistito ad una vera e propria impennata di divorzi e separazioni tra coniugi. Per i primi, tale andamento, tuttavia, ha visto un netto calo nel 2019, attestati a circa 85.000, con una diminuzione di quasi il 14% in confronto al 2016, anno di massimo picco al momento. Per quanto riguarda invece le separazioni, queste sono rimaste all'incirca stabili, attestati a poco meno di 100.000 annuali. 

Nel 2020, a causa dell'arrivo della pandemia da Covid-19 e la convivenza forzata dovuta al lockdown, divorzi e separazioni hanno registrato ulteriori difficoltá. Infatti le separazioni hanno visto un incremento del 60% rispetto all'anno precedente. Riguardo a tale andamento, al Nord Italia esso ha coinvolto il doppio delle persone rispetto al Sud del Paese. Sono state invece circa 10.000 le coppie che hanno atteso almeno un giudizio provvisorio, a causa della chiusura dei tribunali.

Situazione ben diversa, invece, è accaduta dal punto di vista dei costi da sostenere per i coniugi che vogliano divorziare o separarsi. Difatti, con la riforma sul divorzio breve e quindi la legge relativa, le tariffe degli avvocati hanno registrato una discreta diminuzione. Questo in conseguenza anche della possibilitá per una coppia di divorziare attraverso una procedura in Comune, senza la necessitá della presenza di avvocati. Infatti, l'omologazione della separazione presso l'ente locale viene a costare intorno ai 30 Euro.

Motivi per la richiesta di annullamento religioso

Per ottenere lo scioglimento del proprio matrimonio devono sussistere valide e documentate motivazioni, o capi di nullità, elencate di seguito:

  • mancanza di consenso al matrimonio da parte di uno dei coniugi o di entrambi;
  • insufficiente uso di ragione e cause di natura psichica;
  • non osservanza di una delle finalità essenziali del matrimonio religioso, nei termini procreazione, fedeltà, indissolubilità del vincolo;
  • errore sulla persona del coniuge;
  • violenza fisica;
  • impotenza nel rapporto sessuale dell’uno o dell’altra parte. Tranne la sterilità;
  • nozze non consumate, ovvero non aver avuto un rapporto sessuale completo.

Conseguenze di un matrimonio nullo

Per la Chiesa dunque un matrimonio contratto con il solo rito civile è un matrimonio nullo (i coniugi sono esaminati nell’ordinamento canonico come concubini). Da sottolineare che tutti coloro i quali divorziano acquisiscono lo stato libero e possono contrarre un nuovo sacramento valido agli effetti civili. A questo punto è bene sottolineare quanto segue:

  • a donna, con l’annullamento del rito religioso e civile, perde il cognome del marito (il Tribunale può permetterle anche di conservarlo; questa decisione può essere cambiata con successiva sentenza, per motivi di particolare gravità)
  • i divorziati perdono qualsiasi diritto in tema di eredità
  • il tribunale può stabilire dunque un assegno divorzile a favore di uno dei due ex coniugi
  • nel momento in cui il divorziato beneficiario di assegno versa in stato di bisogno, è previsto un assegno supplementare da versare ad intervallo regolare a suo favore a carico dell’eredità (il Tribunale assegnerà questo assegno prendendo in considerazione l’importo delle somme percepite, il numero degli eredi e le loro condizioni economiche).

A chi rivolgersi, tempi e costi

I coniugi che vogliano richiedere l’annullamento del proprio matrimonio devono rivolgersi ad un avvocato rotale, cioè in possesso di un’abilitazione e una specializzazione specifica in Diritto Canonico. E’ prevista la possibilità che sia una sola delle due parti ad avanzare la richiesta.
Il procedimento si svolge in due momenti:

  • presentazione dell’istanza al tribunale ecclesiastico competente, vale a dire del domicilio; in questo grado avviene la raccolta di tutti gli elementi di prova da parte di un collegio giudicante e l’interrogazione dei coniugi in separata sede, nonché dei testimoni;
  • se la richiesta è considerata valida, si prosegue con il secondo grado di appello in cui viene revisionato tutto il processo. Se si riconoscono validi i motivi, allora il rito viene dichiarato nullo.

Il tempo minimo di espletamento di tutto il processo è di circa due anni, ma può variare in base a dove viene presentata l’istanza.
Per quanto riguarda i costi, si deve pagare una somma di 525 euro al Tribunale ecclesiastico e, a parte, l’onorario dell’avvocato. Questo è stabilito dalla Conferenza Episcopale Italiana in un range compresso i 1575 euro e i 2992 euro, a cui si sommano le spese fiscali ed eventuali supplementi.

Autore: Avvocato Giacomo Locopo

Immagine di Giacomo Locopo

Nato a Catania il 25 febbraio 1970, l'avvocato ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l'illustre Università degli Studi La Sapienza di Roma. Attualmente, è iscritto all'Albo dell'Ordine degli Avvocati nella città di Palmi, dove esercita la professione legale con competenza e dedizione.